GROSSETO – Un incontro per ripercorrere la storia della Resistenza maremmana dal punto di vista femminile. L’appuntamento è per venerdì 28 aprile alle 18 alla Libreria delle Ragazze.
«Oggi si può parlare delle donne nella Resistenza con un atteggiamento diverso, perché sul nostro sguardo incidono gli attuali eccezionali mutamenti negli spazi di vita e cultura delle donne. E si è evoluta la ricerca delle storiche, con modelli di interpretazione autonomi: molte di loro hanno percorso strade proprie, imponendo innovazioni importanti a tutta la storiografia». Da questo punto di vista parte l’incontro sulla partecipazione delle donne nella Resistenza maremmana con la storica Luciana Rocchi, figura di spicco della cultura grossetana.
«La Resistenza in Maremma – prosegue la storica – ebbe una durata relativamente breve, inferiore a un anno, ma ebbe un’estensione significativa, se vista nel suo insieme di guerra patriottica, civile, di liberazione. Il prevalere di piccoli insediamenti urbani e di molti spazi rurali rese donne e uomini delle campagne protagonisti di un sostegno essenziale per le formazioni partigiane. Nella famiglia contadina e nei nuclei familiari dei ceti urbani era molto marcata la subalternità del ruolo delle donne, ed era altissimo il peso del loro isolamento. Così, più che di un potente effetto dell’antifascismo di lunga data, come fu per molti grossetani che si batterono nelle bande o sostennero comunque i partigiani, diventare “resistenti” fu effetto di coraggiose nuove scelte, nel cuore della guerra totale. In molti casi furono sollecitate dagli uomini, ma le donne dettero prova di autonomia».
«Fra quante scelsero di schierarsi contro il fascismo e il nazismo, di nascondere ebrei, di portare volantini, di nutrire i partigiani, di vivere alla macchia (come Virginia Cerquetti nella banda comandata dal marito, Sante Arancio) arrivò tardi e non per tutte la capacità di raccontarsi, anche per il ritardo delle domande. Per alcune si chiusero subito le opportunità di “apparire in pubblico”, per lasciare – come dettava il senso comune diffuso qui – che fossero gli uomini a fare politica o a impegnarsi civilmente. Per altre si chiusero del tutto, dopo alcuni anni di politica attiva nelle amministrazioni locali o in partiti e sindacati.
«Poche donne ricevettero la qualifica di “partigiana”, anche perché per lo più non pensarono a chiederla. Una medaglia d’oro al valor militare, la giovane Norma Parenti – staffetta a Massa Marittima, uccisa da soldati tedeschi su istigazione dei fascisti nei giorni della Liberazione – fu protagonista di una storia di atroce violenza. Rimane come uno dei simboli della peculiarità dell’accanimento gratuito contro le donne, di cui si registrarono episodi ovunque in Italia».
Luciana Rocchi è docente di storia e filosofia, dal 1993 al 2016 è stata direttrice dell’Isgrec, l’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea. Le sue ricerche sulle donne nella Resistenza in Maremma compaiono in: “Voci, silenzi, immagini, Memoria e storie di donne grossetane (1940-1980)”, Carocci editore, di Luciana Rocchi e Stefania Ulivieri; “Antifascismo, guerra e Resistenze in Maremma”, Effigi editore, di Stefano Campagna e Adolfo Turbanti.