FOLLONICA – Nuova mostra alla pinacoteca di Follonica: fino al prossimo 17 settembre la struttura ospiterà alcune opere di Pino Modica, artista piombinese tra i fondatori del Gruppo Piombino, cronologicamente il più recente sodalizio militante artistico formatosi in Italia, che ha costituito una delle prime esperienze artistiche nel campo dell’interazione inconsapevole in ambito urbano.
Il Gruppo, attivo dal 1984 al 1991, costituisce un’esperienza fondamentale nel campo dell’interazione inconsapevole e anticipa quelle pratiche artistiche e quelle modalità operative che si affermarono dalla metà degli anni ’90 come Arte relazionale. Le opere di Pino Modica sono principalmente oggetti di uso comune, che acquisiscono valore artistico e specifico al momento in cui i segni che vengono lasciati sul materiale vengono portati alla luce dall’artista. L’oggetto d’arte diviene perciò un luogo di dialogo, di confronto, dove quello che conta non è l’opera finale ma il processo con cui si giunge al prodotto artistico.
«Il mio lavoro ha origine da tutte quelle azioni del vivere quotidiano che ognuno di noi compie in maniera più o meno automatica o ripetitiva – spiega l’artista –. Le tracce conseguentemente derivate da quelle azioni, diventano la caratteristica determinante di uno spazio o di un ambiente. Le opere che nascono da questi frammenti di realtà sono la diretta conseguenza delle azioni che le hanno determinate, sono al di sopra di qualsiasi rappresentazione e si aprono a diversi livelli di lettura. Rendendo visibile il rovescio dello sguardo, sono metafore del nostro tempo, radicali, auratiche, riflessive ed evocative. Danno una visione “altra” di gesti e azioni apparentemente minimali o insignificanti». Molte sue creazioni sono presenti in prestigiose collezioni private e pubbliche, tra cui la collezione del Ministero degli Esteri alla Farnesina.
Pino Modica vive e risiede a Piombino. Alla metà degli anni ’80 fonda con Salvatore Falci e Stefano Fontana il Gruppo di Piombino a cui aderisce qualche tempo dopo l’artista romano Cesare Pietroiusti. Nell’88, in pieno ritorno al quadro, il lavoro di sperimentazione del gruppo, promotore di una produzione dell’opera come feedback e interazione, faceva affermare a Giuseppe Chiari “finalmente gli in-diani sono tornati”. Dopo varie personali tra Roma e Milano viene invitato alla Binnale di Venezia sezione Aperto (1991). Nello stesso anno partecipa alla rassegna internazionale Anni novanta curata da Renato Barilli alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Numerose le mostre all’estero tra cui ricordiamo quelle al Musèe d’Art Contemporain di Guerigny nel 1991 – Being there Being here, Otis Parson Gallery Los Angeles 1991 – Musèe de la Villette Parigi 1992 – Galerie de Paris Parigi 1992 – Kaohsiug Museum China rassegna Italian Contemporary Prints – Palazzo della Virreina di Barcellona e Kunstforum di Berlino nell’ambito della rassegna Der italienische Weg vom Futurismus zum laser 2000 – Museum National Indonesia Giakarta e Museo Nazionale di Stoccolma mostra Shapes of mind 2002. Le sue opere sono presenti in prestigiose collezioni private e pubbliche, tra cui la collezione di arte italiana del Ministero degli Esteri alla Farnesina.