GROSSETO – Importante appuntamento venerdì pomeriggio, alle ore 17 in Biblioteca Chelliana, all’interno del ciclo di incontri “Cento anni di Luciano Bianciardi”, organizzato dalla stessa Chelliana di Grosseto in collaborazione con la Fondazione Bianciardi e Fondazione Grosseto Cultura. Sarà presente Luciana Bianciardi, la figlia di Luciano, editore e traduttrice anch’essa, che approfondirà l’opera traduttoria di suo padre, leggendo anche alcune pagine dai capolavori tradotti dal grande scrittore grossetano.
La traduzione fu il lavoro di una vita: come scrisse Luciano stesso in una lettera: “io lavoro e per me lavorare significa tradurre”. Iniziò nel 1955 e l’ultima opera tradotta reca la data del 1971, anno della sua morte: si contano più di 100 opere tradotte, quasi tutte dalla lingua inglese, di vario genere; dai romanzi, ai racconti, ai saggi storici e scientifici, ai manuali tecnici (“tradurre per conoscere”). Celebri le sue traduzioni dei Tropici di Henry Miller, poi London, Stevenson, Huxley, Conrad, Faulkner, Steinbeck, Crane, Kerouac, Vidal, Bellow, e tanti altri.
Così descrisse la sua principale attività (“Il lavoro del traduttore”, 1961): “un lavoro da artigiano, un lavoro minuto, oscuro e ascientifico, sempre approssimativo”, e ancora: “fatica di un uomo solo, alle prese con un libro straniero davanti ai tasti di una macchina, con una pila di fogli bianchi che faticosamente, uno dopo l’altro, si anneriscono”. Quindi, “tradurre è oltre tutto una fatica fisica e psicologica, da sterratore”; “Lo sterro traduttorio”, lo definì ancora.
Questa fatica divenne poi materia della sua narrazione; celebri le pagine de La vita agra: “Certe notti quando non riesco a prendere sonno, mi sfilano in processione dinanzi agli occhi Salvatore Giuliano e le donne artificialmente feconde, il colonnello Maverick e il generale Sirtori, Virginia Oldoini, Carl Solomon, Nikita Krusciov, Teseo, … “ e via via in una lunghissima enumerazione di personaggi incontrati durante le traduzioni.
Continua: “Ciascuno di costoro m’ha portato via un pezzo di fegato, e tutti insieme m’hanno dannato l’anima, mi hanno stravolto persino l’infanzia. Quando non riesco a prendere sonno, penso alle mie vacanze, bambino, su a Streetrock, o nei prati attorno a Plaincastle, a St. Flower, ad Archback, a Chestnutplain”, con la traduzione che viene applicata, con ironia, persino ai nomi dei nostri paesi: Roccastrada, Castel del Piano, Santa Fiora, Arcidosso, Piancastagnaio.