GROSSETO – Ultimo appuntamento per la rassegna “Pensiero di donne tra spazio pubblico e sfera privata”: la storica Luciana Rocchi presenterà la figura di Maria Zambrano il 18 novembre alle 10 alla Libreria delle ragazze, in via Fanti 11/b.
«La filosofia di Maria Zambrano non è facile da definire, somma di pensiero fortemente politico e di un bisogno altrettanto forte di spiritualità – dice Rocchi -. Più delle altre due figure che abbiamo analizzato (Hannah Arendt e Simone Weil) in Zambrano la dimensione della soggettività è forte, portata fino alle estreme conseguenze. La filosofia deve abbandonare il predominio dell’intelletto, per fare spazio all’amore. Zambrano ci consegna un punto di vista femminile, attraverso il quale nel corso della sua vita ha rivisitato e reinterpretato la tradizione di pensiero dell’Europa, dalla cultura greca al pensiero cristiano».
Zambrano è la meno nota al grande pubblico, malgrado lasci un’eredità di pensiero di grande valore. Nata in Spagna nel 1904, appartiene alla cultura del suo paese per formazione, ma non per vissuto. L’esilio è infatti per lei una condizione non straordinaria: dal primo abbandono del suo paese nel 1936, allo scoppio della guerra civile, alle successive peregrinazioni, legate alla situazione politica della Spagna. L’America latina, la Francia, l’Italia, la Svizzera sono i luoghi in cui trascorse molti anni, fino al ritorno definitivo in patria, nel 1984. Allieva di un grande filosofo spagnolo, Ortega Y Gasset, elaborò un pensiero del tutto originale, che si caratterizza per un rapporto strettissimo fra filosofia e vita. La vita è “confusa”, scriveva, il pensiero ha il preciso compito di “riscattare la vita”. «È la storia che ispira il suo sguardo sul mondo: le vicende tragiche della guerra civile in Spagna, il lungo protrarsi di guerre e violenze in Europa.
«Tra i suoi scritti – spiega Luciana Rocchi – “L’agonia dell’Europa” è espressione del suo grande amore per la civiltà in cui si riconosce e della sofferenza per la caduta di ideali e forme di vita e di cultura, ormai ridotti in macerie. È un piccolo saggio, uno fra i tanti di una produzione frammentaria, per la scelta di una riflessione non sistematica, scritto nel 1940, sintesi fra il vissuto e la storia», dice ancora Luciana Rocchi. Era tornata in Spagna nel 1937, durante la guerra civile, per una scelta politica antifranchista, non per combattere, ma per dare un contributo umanitario e intellettuale. Nel 1939, alla vittoria di Franco, fuggì con la massa degli sconfitti lungo il cammino della “Retirada” e passò dai campi di internamento della Francia del sud. C’è dunque nel suo pensiero degli anni Quaranta l’eco della catastrofe, ma insieme la speranza della ricostruzione, se alla ragione storica, scriveva, si affianca la “ragione poetica”. Per avere un’idea di quella strettissima relazione fra filosofia e vita che è la sua cifra, la lettura più interessante è l’autobiografia Delirio e destino, scritta nel 1953, ma pubblicata per sua decisione solo nel 1988, definita dalla traduttrice Rosella Prezzo “confessione personale, storia di un popolo, filosofia tragica e sociologia poetica”».