Tra cielo e terra “Frammenti di un’antica liturgia”: il fotografo grossetano Max Baccetti in mostra
GROSSETO – Tra cielo e terra “Frammenti di un’antica liturgia”, la mostra antologica di Max Baccetti fotografo, sarà visitabile alla Galleria d’arte Franco Maria Ilardo in via Aurelio Saffi a Grosseto dal 28 maggio al 30 luglio. Curatrice della mostra Chiara Letizia Coldorfei.
Max Baccetti nasce a Grosseto nel 1958. Dopo anni di ricerca e sperimentazione in campo fotografico approda al Reportages che realizza in ogni angolo del pianeta: Asia, Africa, Centro e Sudamerica.
Nel 1995 è Docente nei Corsi di Formazione Professionale presso il Centro di Formazione di Massa Marittima. Nel 1998 ottiene il riconoscimento di “Exellent Creative” nell’International Photo Contest HASSELBLAD OPEN riservato ai soli Fotografi Professionisti.
Nella ricerca di nuove forme espressive il ritratto assume assoluto rilievo in termini professionali di vero e proprio “Brand Fotografico”. Molti i personaggi Pubblici e Privati per i quali realizza i suoi famosi “Great Portraits”: Artisti, Registi, Musicisti, Politici, Imprenditori, Uomini di Cultura.
Professionalmente vanta la frequentazione con alcuni tra i più grandi Fotografi del panorama internazionale: Maurizio Galimberti, Franco Fontana, Giovanni Cozzi, Giovanni Gastel, Renè Burri (dell’Agenzia MAGNUM PHOTOS di Parigi).
Fra i suoi Reportages si evidenzia quello realizzato al 14° DALAI LAMA considerato tutt’ora un capolavoro d’arte fotografica contemporanea.
Attualmente vive e lavora in MONTEPESCALI (Gr).
Dal 28 maggio al 30 luglio 2022 la mostra potrà essere visitata tutti i giorni (esclusi la domenica e il lunedì) dalle 16 alle 20. L’artista sarà presente in mostra.
Per informazioni info@francomariailardo.com.
Conversazione con l’autore
A cura di Chiara Letizia Coldorfei
Entrando nello studio privato di Max Baccetti mi ero riproposta di non parlare apertamente del progetto espositivo che avevo in mente per il suo lavoro. Ma esaminando la vastità della sua opera compresi che per questo artista avrei dovuto lavorare instancabilmente almeno un anno per far conoscere i suoi Reportages realizzati in ogni angolo del pianeta. Parlando con lui della sua opera emergeva sempre più chiaramente lo spessore artistico del suo lavoro ed il tenore del suo pensiero: profondamente spirituale. Tutte le immagini che via via si susseguivano erano a dir poco stupefacenti, davvero incredibili; a partire dal “taglio cinematografico” che restituiva alle immagini stesse un’armonia ed una bellezza viva, fragrante. Sembrava che mi scorresse davanti un film curato dalla delicatezza di Zeffirelli. Tale era, all’impatto, ciò che suscitavano. Confesso che tutto questo mi emozionò così tanto da convincermi dell’importanza di far arrivare le sue immagini ed in complesso il suo lavoro ad un più vasto pubblico. Nacque così, spontaneamente, l’idea di una pubblicazione editoriale. Max (così lo chiamano tutti) è un Artista “fuori da ogni moda o tendenza”, privo di retorica ed estremamente competente sotto il profilo tecnico. Dal punto di vista professionale poi vanta una frequentazione con alcuni dei più grandi fotografi del nostro tempo: Fontana, Cozzi, Gastel, ed infine Renè Burri (uno tra i maggiori esponenti dell’Agenzia Fotografica parigina Magnum Photos). L’idea che non avesse realizzato nel tempo alcuna mostra mi riempiva di curiosità mista a sincero stupore e superato dunque ogni iniziale imbarazzo posi la domanda:
Allora Max perché non hai mai realizzato una mostra del tuo lavoro?
La risposta fu immediata, articolata con naturale semplicità.
Non ho mai avuto tempo per i preparativi che richiede una mostra: dettagli, accorgimenti, organizzazione delle specifiche competenze professionali e la successiva coordinazione per raggiungere lo scopo. Tutto questo tempo a disposizione non l’ho mai posseduto: era il tempo a possedere me. Oggi invece sono pronto per affrontare qualunque progetto espositivo.
Scusami Max perché oggi ne sei così sicuro? Voglio dire: cos’è cambiato rispetto al passato?
Credo di poter affermare con tutta sicurezza di avere a disposizione il giusto Team con il quale, nel tempo, abbiamo pianificato ed organizzato la mia opera, l’intero mio lavoro artistico. Parlo di Archivio fotografico, di Grafici preparati, di Curatori artistici e perfino degli aspetti giuridici legati necessariamente al mio lavoro. Aspetti questi che mi hanno sempre un po’ preoccupato: cessione dei diritti, liberatorie ecc. Oggi tutto questo è superato grazie a consulenti legali specializzati nell’ambito della fotografia d’autore. Solo adesso mi sento totalmente sicuro e libero di potermi dedicare al lavoro che più amo: “Testimoniare attraverso l’obiettivo il miracolo dell’esistenza”.
E’ così che ti vedi? Uno che testimonia “con le immagini” l’esistente?
No, non direi proprio così, ho solo semplificato per brevità; ma se dovessi affrontare in maniera più approfondita il senso del mio lavoro direi: “Ciò che vediamo intorno a noi, quella che noi chiamiamo la realtà, non è altro che una parte della realtà, quella più esteriore. Oserei dire il cadavere dell’esistenza…il cadavere privo di anima. Per poter cogliere l’interiore dell’esistente occorre una qualità: essere consci di sé. Soltanto quando siamo consci di noi stessi, possiamo andare oltre l’apparenza delle cose; oltre quel cadavere… quella morte apparente, in profondità, dove i nessi animici e spirituali rendono evidente che la realtà di cui parliamo, è più vasta e unificante. Solo in questo particolare “stato di grazia” anche un mezzo meccanico come l’apparecchio fotografico può evidenziare le miracolose correlazioni fra spirito e materia”.
Capisco cosa intendi. E’ come quell’esperimento che fanno i fisici teorici: sparano delle particelle attraverso un foro e queste passandovi attraverso vanno ad impressionare una lastra posta dietro. Dimostrano così che le particelle si comportano come un corpo materiale. Ma cambia tutto l’esperimento non appena un osservatore guarda il fenomeno, le particelle divengono un’onda e non impressionano più la lastra. Esse non si comportano più come un corpo materiale. Questo soltanto perché l’intero processo è ricaduto sotto l’osservazione dell’uomo.
Esatto! È proprio questo che intendo dire: “tra il mondo materiale e quello animico, ci siamo noi osservatori (per dirla con il tuo esempio dell’esperimento) come dei mediatori che possono mettere in luce la correlazione tra corpo e anima, tra particella e onda, tra esistenza e vita. L’esistenza può essere trasformata perché è una realtà parziale; la vita no, perché è la realtà totale. Nell’esempio che hai appena fatto, quello della particella, si mostra chiaramente che la sua realtà totale è onda, vibrazione, energia. A questo punto è doveroso precisare che: materia ed energia sono rispettivamente il cadavere e la vita. Mi sembra più giusto non separare gli aspetti, ma unificarli anche nel termine stesso: nel mondo a noi manifestato operano le leggi della “Matergia”.
Quello che stavo ascoltando non era più solo un Artista che parla del suo lavoro, ma un uomo colto che ha scelto l’arte come applicazione di una legge più generale: padroneggiare la luce per evidenziare la vita. Immediatamente mi balenò nella mente il Prologo del Vangelo di Giovanni “e la vita era la luce degli uomini” Tutto questo era veramente notevole.
Parlando del tuo lavoro, cosa pensi dei fotografi in generale?
Ci sono uomini e uomini e di conseguenza fotografi e fotografi. La qualità dell’uomo influenza il livello del suo lavoro ed il livello del suo lavoro determina il risultato. Prediamo per esempio McCurry artista che personalmente apprezzo moltissimo, se guardi il suo lavoro è evidente che sei di fronte ad un uomo sensibile e raffinato, “raffinato in senso interiore” non edonistico. Ogni suo scatto è un capolavoro assoluto di qualità che rimbalzano fuori dall’immagine stessa: vita, colore ecc. Un uomo che domina con autorità la luce. L’arte con la A maiuscola è il risultato di azioni fatte istantaneamente (il tempo di un click) ma già riflettute e riposte nella parte eterna di noi stessi. Il mezzo che collega questi due differenti tempi: Tempo effettivo (istante) e Tempo reale (eterno) è l’intuizione. Se poi dovessi spiegare cos’è l’intuizione direi che è una forma di conoscenza che si manifesta in noi quando siamo in armonia (consonanza) con l’universo; quando cioè siamo in collegamento con la vita e perciò “siamo la vita”. Questo è il potere intrinseco dell’uomo, di ognuno di noi. Il potere di vivificare ogni cosa, attribuirle un nome. Questo è anche il senso che occorre dare al Libro della Genesi.
Sorprendente! Questo era l’unico avverbio che mi veniva in mente in quel frangente. Ecco che si spiegava da sé il perché Max è stato etichettato “il Gùru della fotografia di strada”. Era del tutto evidente che il termine Gùru non gli era stato attribuito in riferimento alla tecnica fotografica bensì al suo atteggiamento filosofico-spirituale, con il quale, attraverso uno scatto impartiva la sua “particolare benedizione” ad una circostanza di esistenza ordinaria rendendola viva, pulsante, extra-ordinaria. Quasi una celebrazione liturgica. il suo personalissimo “Sacrum Facere” in fotografia. Inoltre, si rendeva anche evidente il perché i suoi reportages non si inserivano in quella tematica sociale o politica cara a molti altri famosi fotografi: Ugo Mulas, Berengo Gardin, Robert Capa, Elliot Erwitt. Decisi comunque di approfondire l’argomento ponendogli direttamente la domanda.
Perché nei tuoi reportages non hai mai affrontato le tematiche sociali o politiche?
E’ semplicemente per una questione di aspettative interiori. Ci sono stati e tutt’ora ci sono, Artisti bravissimi a ritrarre e porre in evidenza quelle tematiche. Personalmente ritengo importantissimo seguire la propria inclinazione interiore; la propria stella. Non sono mai stato attratto dalla demagogia sulla Guerra o sulle Disuguaglianze sociali: sono argomenti reali ma vissuti solo con eccessivo idealismo o romanticismo e nei casi peggiori con cosciente strumentalizzazione. Io non credo nelle ideologie, sono simulacri vuoti, privi di verità. Io credo nella vita a prescindere da come essa possa apparire per il ricco o per il povero. Ritengo che mettere in ordine le cose socialmente spetti alle Istituzioni, alla singola coscienza degli uomini politici. Non vado oltre perché alla fine tutto si riassume in una frase: la giustizia è solo una delle applicazioni della verità. Dove non c’è verità allora c’è qualcos’altro. Io non intendo mettere in evidenza la mancanza di verità con i miei reportages bensì la verità stessa.
Attualmente a quale progetto stai lavorando?
Tornando al mio lavoro, come ti dicevo prima, l’aver pianificato ed organizzato l’Archivio fotografico, mi ha consentito di dedicarmi ad un progetto al quale tengo molto.. Questo progetto in particolare si sviluppa attraverso un giro intorno al globo terrestre, dove misteriose coincidenze si allineano in una fascia di 100/115 km di spessore. Una testimonianza vivente che l’uomo di un tempo aveva conoscenze prodigiose che noi “moderni” nemmeno sospettiamo. Conoscenze che non erano esclusive di un popolo ma largamente diffuse su tutto il pianeta. Tutte queste coincidenze propendono a farmi credere che vi fosse una tradizione; una conoscenza tradizionale condivisa da una élite, al di là della lingua parlata e delle divisioni geografiche. Questa mia semplice constatazione trova la sua conferma autorevole ancora nella Genesi, dove si afferma: “or tutta la terra parlava la medesima lingua”. Se vi era una lingua comune e di conseguenza una conoscenza comune, vi era per necessità logica, anche un insegnamento comune. Questi antichi istruttori condividevano la medesima conoscenza. Poi tutto si differenziò, ed a questo seguì la “grande perdita”, la perdita della conoscenza unica.
Ancora una volta restavo affascinata dall’idea stessa di una fascia intorno al globo terrestre satura di misteriose coincidenze, come Max le aveva definite. Francamente avrei voluto prenderne parte per poterne scrivere e testimoniare tutte queste meravigliose coincidenze, ma ciò avrebbe significato abbandonare per un lungo periodo tutte le mie occupazioni, tutti gli impegni professionali già presi, e questo era impossibile per me.
Max in ultimo vorrei, se ti è possibile, parlare del reportage che hai realizzato sul 14° DALAI LAMA. Deve essere stata una esperienza gratificante come Artista. Quasi una di quelle meravigliose coincidenze.
Mi resi conto dopo aver posto la domanda, che quell’esperienza era ancora viva dentro di lui. I suoi occhi improvvisamente divennero luminosi ed anche la postura divenne, come dire… rispettosa, quasi solenne. Non dimenticherò mai quegli istanti: tutto si fermò come sospeso nel tempo, persino il flusso dei miei pensieri si arrestò e l’aria nella stanza si caricò di silenzio-attesa.
Max si alzò e prese due foto dall’archivio ed introducendo il discorso disse con voce emozionata: “queste due fotografie sono tutto ciò che mi resta del reportage”. Per me hanno un valore inestimabile: sono la testimonianza di un incontro con un uomo straordinario; ma lo svolgimento di tutto il mio servizio fotografico è impresso a caratteri indelebili nella mia anima. Sono stato un uomo “privilegiato” e per alcuni giorni mi sono sentito più in cielo che sulla terra. Dentro di me, intimamente, ho vissuto una dimensione extra-corporea, come rapito dal mio corpo. Soltanto stare alla Sua presenza, avvertivi il suo campo magnetico; la sua carica animico-spirituale ti penetrava infondendoti una gioia completa, dove non c’era spazio per i dubbi e le preoccupazioni umane che ci assillano ogni giorno. Il suo sorriso mi ha fortemente impressionato. E’ un sorriso che trasmette pace, una pace totalizzante che placa interiormente ogni opposto. Ho avuto il privilegio di essere presente in alcuni momenti della Sua vita privata, dove erano ammessi “i pochi del Suo seguito” ed io l’unico fotografo accreditato. E’ stata un’esperienza illuminante, che porto dentro di me senza alterarne la realtà con le parole. Dico solo questo, perché il resto è incomunicabile: ho visto come vive un Re. Un autentico Re-Sacerdote.
La breve narrazione che ne fece, mi scosse profondamente. Decisi di cambiare discorso e di affrontare la questione espositiva che mi stava a cuore, questo solo al fine di alleggerire le forti impressioni che il racconto aveva suscitato in me. Una sorta di autoprotezione.
Tornando alle mostre; cosa ne pensi se ne facessimo una qui a Grosseto?
L’dea di farla qui a Grosseto mi alletta molto, perché parliamo della città in cui sono nato e dove maggiormente desidero portare il mio contributo. Devo molto alla mia città, ed una mostra qui, sarebbe il mio modo di ripagarla in termini riconoscenti; quasi un “seconda nascita anagrafica”. In realtà, non ho mai pensato ad alcuna altra città. Ci sono state nel tempo alcune proposte di esporre il mio lavoro, ne cito una per tutte gli Stati Uniti, ma non so perché, ho sempre avuto una sorta di reticenza, oltre a non averne il tempo. Questa forma di reticenza era basata sul forte legame, quasi ombelicale, che io ho con la Maremma Grossetana. Naturalmente non avevo alcun pregiudizio sulle altre nazioni, era soltanto un fatto del tutto personale.
Allora sei d’accordo, Partiamo da Grosseto?
Pienamente d’accordo, Partiamo da Grosseto.