a cura di Giulia Carri
OMAN – Andrea Rufini, originario di Monterotondo Marittimo, è project manager specializzato in strade e infrastrutture. In oltre 20 anni di carriera ha lavorato in molti paesi, talvolta rischiando la vita. Ecco la sua storia.
Adesso si trova a Muscat, Oman, quale percorso l’ha portata lì?
“La mia storia comincia in Enel, dove sono entrato nel 1981, come assistente tecnico nella manutenzione delle centrali geotermoelettriche. Sono rimasto in azienda fino al 1989.”
Perché è uscito da Enel?
“Sono sempre stato un tipo iperattivo e un appassionato di topografia. Così ho aperto uno studio tecnico a Monterotondo Marittimo e mi sono specializzato, come libero professionista, in progettazione stradale. Per un po’ di tempo ho lavorato sia in Enel, dove avevo un lavoro a turni, sia in studio. Quando ho dovuto scegliere tra le due cose, ho deciso di lasciare l’azienda e concentrarmi solo sulla libera professione.”
Come poi ha cominciato a viaggiare per lavoro?
“Negli anni ’90, la crisi economica del settore, causata da obbrobri politici, è stata forte. Per fortuna, il mio studio era uno degli unici due nella provincia di Grosseto tecnicamente preparato all’arrivo delle nuove tecnologie. Nel momento in cui si è presentata l’occasione di lavorare in Romania, per la Comunità Europea, come direttore tecnico in vari progetti, sono partito. Era il gennaio del 1996 e la sera in cui sono arrivato il termometro segnava -24°C.”
Come è stata l’esperienza romena?
“Sono rimasto in Romania per 12 anni e professionalmente è stata l’esperienza più bella e formativa della mia carriera. Per i primi 7 anni ho lavorato al fianco dell’ingegner Lorenzo Paolucci, grande professionista e grande uomo che purtroppo è venuto meno nel 2002. Per quasi dieci anni ho lavorato molto bene, la Romania all’epoca era un cantiere a cielo aperto, abbiamo ricostruito quasi tutta la sua rete stradale che doveva essere a norma con gli standard europei.”
Come mai è finito il periodo romeno?
“Quando è morto l’ingegner Paolucci, per me è finita un’era. Con il suo successore, persona tecnicamente preparata ma umanamente povera e troppo concentrata sui suoi interessi personali, ho avuto dei contrasti. Ho lavorato con lui cinque anni, ma non è stato facile. Aspettavo l’occasione giusta per dare le dimissioni e andarmene da quell’azienda. Sono rimasto in Romania un altro anno, lavorando come consulente per vari bandi nel settore delle infrastrutture. Ma la crisi e la corruzione hanno cominciato a farsi sentire anche lì, quindi me ne sono andato in Nigeria, perché mi aveva chiamato un’azienda piemontese emigrata lì dal 1964. Sono rimasto in Nigeria, nella zona di Lagos per circa due anni e mezzo, una parentesi in Tanzania di sette mesi per poi tornare in Nigeria per un mese… e vivere l’esperienza più brutta della mia vita.”
Cosa è successo?
“Lavoravo nel Delta del Niger con un’azienda non seria. Cosa che ovviamente non sapevo. L’azienda aveva già incassato l’anticipo con cui avrebbe dovuto comprare i mezzi e costruire il cantiere. Dopo 8 mesi non esisteva ancora nulla. Cominciai a chiedere spiegazioni e a sollecitare il pagamento per l’inizio dei lavori; loro mi rassicuravano ma i giorni passavano tra cene e feste ma neanche l’ombra di cantieri e mezzi. La situazione in Nigeria è piuttosto seria, la gente muore di fame e Lagos è una città di 20 milioni di abitanti dove solo cinque hanno dove dormire. Le dilazioni nei pagamenti non vengono molto discusse, se non paghi ti ammazzano. Dopo vari tentativi di sollecito, cominciai a essere minacciato, quindi chiamai la sede centrale per proporre un ultimatum: o mi davano i soldi che servivano per saldare i regressi e cominciare i lavori, o me ne sarei andato, perché mi avrebbero ucciso…”
Come ne è uscito?
“Guardando indietro dico con la fortuna. Il giorno in cui stavo andando in sede centrale per richiedere il rifinanziamento del cantiere o andarmene, trovai il nostro motoscafo legato al molo, ero loro ostaggio, praticamente. Non so come, ma riuscii a convincere il capo degli Youth di Brass Town – villaggio dove ero – che per avere quei soldi avevo bisogno del motoscafo e della benzina. Qualcosa mi ha protetto e lui mi ha creduto, quindi ho raggiunto Lagos dove avevo un amico ed un posto sicuro dove stare e quando ho chiamato l’azienda e saputo che non era loro intenzione rifinanziare il cantiere, ma solo prendere tempo, non sono mai più tornato”.
Quindi è arrivato in Oman?
“Dopo altri sette mesi di lavoro in Nigeria, a gennaio del 2012 mi chiama Astaldi s.p.a e parto per l’Oman, per poi andare in Algeria dove sono rimasto quasi due anni. Scelte aziendali di Astaldi hanno portato all’abbandono dell’area Omanita e ad una mancanza di nuovi cantieri nell’area Algerina. Per questo dal novembre 2013 lavoro come Country Manager per Boscafin, a Muscat, Oman. Finalmente vivo in un paese tranquillo. Non aver paura di uscire è la cosa che più apprezzo adesso!”
Parlando di Maremma, ci torna? Le manca?
“Dato che la mia famiglia vive in Maremma e il 20 Settembre scorso sono diventato nonno, il legame è piuttosto forte e torno appena posso. Ormai quando vado in Maremma, che per me è vacanza, divento quasi un elemento di disturbo, perché gli altri lavorano ed io, scherzosamente, cerco attenzioni! Quello che mi manca sono i millenni di storia che il nostro paese ha e il suo modo di accogliere, cosa che non ho trovato in nessun altro posto finora. La Maremma è il luogo dove sono nato e dopo tanti anni ho capito che le tue radici sono molto importanti. Anche se torno poche volte l’anno, mi sento a casa”.
“L’estero è una bellissima esperienza professionale, intensa e formativa, dove devi mettere in campo, oltre a quello che sai, anche paradossalmente quello che non sai, ma solo intuisci, tre volte più intensa di una qualsiasi attività simile portata avanti in Italia… ma sull’altare di questa interessante esperienza professionale, lasci tanto, tantissimo, in termini di tempo speso con le persone care, genitori, sorella e soprattutto i figli… portarli a scuola, riprenderli, alla partita di calcio al cinema, al carnevale, Natali e compleanni, e poi di botto ti accorgi che quel tempo passato non torna più, e il peggio non è quanto questo manca a te stesso, ma il realizzare il peso di quanto sia mancato a loro, specialmente in età particolari della crescita… macigno che non ti abbandonerà più. Grazie alla mamma di mio figlio per averlo guidato nel miglior modo possibile e per quello che può servire, scusa a Lui”.