È il viaggio più affascinante quello che vi presentiamo oggi, il viaggio dei viaggi, perché unisce avventura e spiritualità e un modo di viaggiare come quello dei pellegrini di un tempo. David Orlandi, che già in passato ci aveva inviato i suoi scritti, lo descrive come «una delle esperienze più belle e profonde che abbia fatto».
La strada polverosa che porta a Santiago
A volte le storie, i destini e i sogni di alcune persone possono incontrarsi, magari in una terra straniera, e far si che quello diventi purtroppo un bellissimo momento irripetibile. Questo è quello che mi è successo nell’ottobre del 2006 facendo il Cammino di Santiago.
Originariamente era un pellegrinaggio religioso ma oggi in realtà lo si può fare per motivazioni di vario tipo. Può essere alla portata di tutti, basta avere tempo, pazienza e motivazione. In base alla mia esperienza concorde con quella delle persone che ho incontrato, non vale la pena farlo per un tratto breve, altrimenti prima o poi tornerai a farlo tutto, e non si coglie la vera esperienza di questo cammino, quindi tanto vale farlo subito. Consiglio di partire almeno dai Pirenei come ho fatto io, oppure direttamente da casa. Forse state pensando: “ma io non ho tempo, non ho le ferie”. Beh, che dire, questo è un “pellegrinaggio”, dunque per coglierne la vera essenza bisogna essere liberi, lasciare tutto e pronti ad accogliere le conseguenze che derivano dal cambiamento che nella tua mente si può verificare, e tornare a vita nuova. Insomma, non bisogna avere impegni e paura di non averne (per ingrandire cliccare sulle foto).
Per me è stato una sorta di viaggio spirituale, una lunga riflessione, e vi assicuro che funziona, e in più è stato un bellissimo cammino attraverso una terra e gente meravigliosa dove ho fatto amicizie bellissime e uniche. Ho impiegato poco meno di un mese per percorrere gli oltre 750 km che separano Roncisvalle a Santiago attraversando tutto il nord della Spagna lungo quello che viene chiamato “Cammino francese”. Una esperienza che auguro a tutti nella vita.
Cosi un pomeriggio mi sono trovato nella piazza centrale di Pamplona seduto da solo su una panchina a mangiare un panino nell’attesa di un autobus che mi avrebbe portato a Roncisvalle, il mio punto di partenza.
Avevo appena salutato il mio amico Jordi a Barcellona. Lo avevo conosciuto un anno prima a scalare in California nella Yosemite valley, poi io me ne ero andato per continuare il mio viaggio negli Stati Uniti, mentre lui era rimasto nella valle. Ora per l’occasione avevo approfittato per passare a trovarlo ed abbiamo arrampicato qualche giorno insieme nella sua Catalogna, poi anche questa volta me ne sono andato per proseguire. Ci salutiamo sempre cosi noi due, io con lo zaino che parto, e lui che rimane li, fortissimo, a scalare.
Giunto a Roncisvalle sui Pirenei, ormai ci siamo, mi trovo nel primo “albergue”, c’è solo da chiedersi come saranno questi prossimi 30 giorni, se avrò problemi con i piedi, con le spalle etc. Aspetto solo domattina, quando tutti i dubbi svaniranno e lo sguardo si volgerà lontano, lontanissimo fino all’altro lato della Spagna, fino all’oceano. Quello sarà il mio obbiettivo, per il prossimo mese, quella sarà la mia meta. Intanto c’è aria di preparativi, c’è chi aggiusta lo zaino, chi legge e chi scrive il suo diario. Alle 10 si spengeranno le luci e alle 7 tutti in piedi, si parte.
Generalmente sono abituato a camminare per pochi giorni o qualche ora per arrivare alla parete da scalare. Qui invece non ci sono pareti, non ci sono pericoli e difficoltà particolari. Qui c’è solo da camminare, passo dopo passo, giorno dopo giorno, e ciò che provo è serenità, non ansia di arrivare e di percorrere oltre 750m a piedi, ma serenità pensando a tale distanza da percorrere a piedi, a ritmi diversi, le distanze assumono altre proporzioni. Ciò che si percorre in 20 minuti con la macchina qui lo si fa a piedi in un giorno intero. Il tempo non è incalzante e si ha a disposizione tutto il giorno e il solo obbiettivo è un paese da raggiungere dove poter mangiare qualcosa e poter dormire, 20-30 km più avanti, ma non c’è fretta, la vita prende i ritmi del sole. Ci si ferma per bere a una fonte, per parlare con un contadino,o per un caffè. Si parte tutti insieme non conoscendo nessuno, poi prima si fa due chiacchere con qualcuno, poi con un altro, poi lo lasciamo indietro per ritrovarsi più avanti, e cosi via cosicché alla fine del primo giorno ci conosciamo quasi tutti.
Si scopre che c’è qualcuno che sta facendo il cammino per la quinta volta, o chi è partito direttamente dalla Germania, e alla fine del giorno la cena ci riunisce tutti e cosi la serata passa parlando, scrivendo e leccandosi le ferite della lunga giornata.
A volte faccio degli incubi. E’ come se mi stessi liberando a poco a poco di tensioni accumulate nel tempo. Camminare è una cura, più si cammina e più la cura è efficace.
Ogni giorno vedo volti e luoghi che non rivedrò mai più. Cammino per un attimo attraverso la vita di queste persone e questi luoghi, passo dopo passo, giorno dopo giorno tutto si mette in ordine, e io penso alla mia meta, a ciò che succede ogni giorno, e fantastico su altri luoghi e altri viaggi e tutto è cosi triste e bello allo stesso tempo, sempre irrimediabilmente un passo più avanti.
Camminare 30 chilometri in un giorno non è un problema, il problema è farlo tutti i giorni. Con il tempo il fisico si adatta ma la mente perde l’eccitazione iniziale di fare una cosa nuova e inizia a stancarsi. Alzarsi presto, faticare tutto il giorno con sole acqua o vento, mangiare male la sera, andare a letto presto con il mal di spalle e di piedi. Se non ci sono le motivazioni giuste si può anche prendere la decisione di mollare tutto, perché dopo 15 giorni, non ne mancano 2 o 3, ma altri 14 o 15 e la strada è ancora lunga. Comunque le crisi passano e dopo una lunga notte di riposo si va meglio.
I giorni passano, ci si può fermare ore a una fonte a bere vino gratuitamente, si incontra qualcuno che sta tornando indietro da Santiago a piedi (troppo facile in aereo!), ed è diretto a Gerusalemme, o si può passare la notte nella stanza dei bancomat come abbiamo fatto noi, aspettandoti che la polizia possa apparire da un momento all’altro per mandarti via, e invece arrivano solo due sconosciuti a prelevare i soldi che quando ti vedono li sdraiato vogliono baciarti e abbracciarti.
Ognuno qui ha la sua storia, e con questa procede, i giorni passano e alla fine non sembra vero ma tutto finisce e non c’è più da camminare per andare da nessuna parte.
Arrivare a Santiago li per li in realtà non è stato cosi emozionante. Pioveva, la piazza era vuota e la cattedrale pure, bella ma vuota. Quasi non ti rendi conto di quello che hai fatto quando arrivi, e la cattedrale certo è bella, ma non valeva certo la pena di camminare un mese per vederla. Poi la tensione si placa e ti accorgi che il tuo cammino è finito ed è li che tutte le emozioni di tutti i giorni di questo viaggio che ti eri lasciato alle spalle ora ti piombano addosso all’improvviso e sono troppe e troppo grandi e non puoi fare altro che piangere e lasciare che tutto scorra dentro di te. E la poca gente che era li e ci ha visto piangere e abbracciarci certo non può capire e non saprei dire se eravamo noi fuori luogo o loro…
Non resta dunque che andare a Finisterre, con una vista grandiosa sull’oceano. Qui da sempre i pellegrini bruciano i vestiti vecchi per simboleggiare il cambiamento e il ritorno a una nuova vita. Purtroppo qui ho trovato pioggia e quindi non ho potuto bruciare i vestiti come volevo, ma li ho lasciati li nel luogo dove abitualmente si svolge questo “rito”, sperando che qualcuno li bruci per me quando il sole verrà.
In quei giorni prima di ritornare a casa pensavo: come potrò raccontare tutto questo e come potrò farne a meno? E quando tornerò a casa e attraverserò in un attimo tutta quella terra sulla quale ho camminato per un mese, come potrò non pensare a tutti quelli che ancora sono li in una strada assolata o sotto la pioggia, a 700 km o a pochi passi dalla meta, affamati o ubriachi la sera davanti a un fuoco?A tutti quelli che lo faranno in futuro e a tutti quelli che sognano di farlo ora, e a tutti i miei compagni a cui sono stato unito in modo unico in questo lungo viaggio e ora ognuno di ritorno alla sua vita, irrimediabilmente ognuna diversa e distante dall’altra e per sempre se non per questo magico momento lungo migliaia e migliaia di passi, uno dopo l’altro, lungo la strada polverosa che porta a Santiago e poi finalmente a Finisterre, alla “fine del mondo”.
Buon viaggio amici, buon viaggio, ovunque voi siate.
Ultreia
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