di Barbara Farnetani
ORBETELLO – Il comune di Orbetello, condannato per mobbing nei confronti di uno dei suoi dipendenti, sarà costretto a pagare oltre 28 mila euro di risarcimento danni. La causa intentata dall’agente di Polizia municipale Diego Dini ha stabilito le responsabilità dell’amministrazione «Avendo compiuto atti non solo di dequalificazione della professionalità ma anche, a mezzo del comandante, di aggressione psicologica, di emarginazione ed umiliazione della persona, tali da concretizzare la fattispecie del mobbing o comunque nell’aver colpevolmente omesso di vigilare sulla condotta dei suoi dipendenti onde evitare la condotta mobbizzante». Si legge nella sentenza emessa dal giudice Antonella Casoli.
Il giudice ha accertato che «il ricorrente sia stato illegittimamente adibito nel periodo dal settembre 2004 a settembre 2005 a mansioni dequalificanti lesive della sua professionalità» essendo adibito da agente di polizia municipale a messo notificatore e privato delle dotazioni di ordinanza: pistola proiettili, manette, relegandolo a mansioni quali la consegna della posta nei vari uffici. Così facendo l’uomo, assistito dagli avvocati Paola Pippi e Carlo De Martis, è stato sottoposto ad una sottoutilizzazione delle sue capacità oltreché ad un impoverimento delle propria professionalità. In pratica, dopo un periodo in cui l’agente era stato adibito, unico di tutto il corpo, al pattugliamento a piedi di una zona trafficata che gli imponeva di camminare 20 chilometri al giorno sotto il sole, l’uomo era stato “dequalificato” togliendogli pistola e manette e essendo adibito alla consegna delle notifiche e della posta, cosa che gli aveva procurato uno stato di depressione.
Proprio mentre veniva nominato messo notificatore, l’amministrazione assumeva quattro nuovi agenti invece di tre agenti e un messo che sarebbe anche stato retribuito di meno. Quello che ha stabilito il tribunale è che «il demansionamento sia avvenuto non tanto e non solo per esigenze organizzative ma nell’ambito di un politica vessatoria, una sorta di “guerra personale” contro il ricorrente in ordine alle condizioni di lavoro cui gli agenti erano costretti a lavorare. Appare vessatoria l’adibizione del solo ricorrente ad un servizio a piedi che secondo quanto riscontrato in giudizio comportava percorrenze di circa 20 chilometri al giorno in sei ore, di giorno e con il calore estivo. In una zona altamente trafficata».
A questo si aggiungono tutta una serie di altri piccoli atti come la mancata consegna della scheda di valutazione recapitata a tutti gli agenti dal capo della Polizia municipale Donato Mastrodonato, cosicchhé i «molteplici attacchi nei confronti del ricorrente hanno avuto l’effetto di creare un clima di intimidazione nei confronti di tutti i colleghi che intendessero mantenere rapporti cordiali col Dini. I colleghi hanno detto che temevano che la loro vicinanza al Dini potesse determinare per ritorsione lo stesso trattamento. Clima che determinò l’emarginazione e l’isolamento del ricorrente oltre che la derisione e la disistima dei colleghi. Per quanto riguarda le responsabilità dell’amministrazione, la sorte riservata al Dini era fatto noto l’aver omesso qualsivoglia misura a tutela dell’integrità fisiopsichica del lavoratore. L’atto finale di questa serie di soprusi era consistito nell’illecito demansionamento del ricorrente disposto dal sindaco su proposta del comandante Mastrodonato»
«Avendo l’amministrazione compiuto atti non solo di dequlificazione della professionalità ma anche, a mezzo del comandante, di aggressione psicologica, di emarginazione ed umiliazione della persona tali da concretizzare la fattispecie del mobbing o comunque nell’aver colpevolmente omesso di vigilare sulla condotta dei suoi dipendenti onde evitare la condotta mobbizzante» il giudice ha condannato il comune al pagamento di 28.062 euro a titolo di risarcimento del danno.