GROSSETO – “Piombino non deve chiudere” non è semplicemente uno slogan che vede i lavoratori soli a difendere il proprio posto di lavoro, ma è l’ urlo di un intero territorio, se si considera l’adesione di tutte le categorie economiche dalla CNA a Confesercenti a Confcommercio, oltre naturalmente ai sindacati ea tutti i comuni del comprensorio. Cresce la consapevolezza di un dramma di fronte al quale la città ed il distretto economico potrebbero trovarsi già dal 20 novembre con lo stop dell’altoforno senza prospettive certe di riavvio . “Senza alcun provvedimento di urgenza e con la fermata dell’altoforno e la sua sostanziale chiusura, circa 4.000 lavoratori, tra diretti e indiretti, che orbitano attorno alla Lucchini resteranno senza lavoro nel giro di pochi mesi” commenta Roberto Rizzo, responsabile lavoro e welfare per Italia dei Valori Toscana insieme al coordinatore provinciale Mauro Pasquali.
“Le ricadute sul territorio, partendo da Piombino fino a comprendere i comuni delle Val di Cornia e quelli limitrofi, sarebbero disastrose, sia dal punto di vista economico che sociale e comporterebbero gravissime conseguenze anche alle altre strutture industriali, come la Magona, la Dalmine e la Sol” continua Rizzo.
Italia dei Valori aderisce sostenendo che l’evenienza della fermata dell’altoforno deve essere scongiurata, per puntare invece a una siderurgia rinnovata e risanata, ad una seria politica industriale, assente dal nostro paese ormai da più di 20 anni, che difenda il know-how italiano. Si appella inoltre all’imprenditoria seria e desiderosa di innovare e investire nel paese, perché non abbandoni quello che è il secondo polo siderurgico italiano.
“Non possiamo accettare la fine di una vocazione industriale che è parte integrante del bagaglio culturale ed economico di questo territorio” concludono Rizzo e Pasquali “ Vogliamo che si torni a investire sul lavoro, se si vuole veramente rilanciare l’economia di questo paese”.