di Barbara Farnetani
GROSSETO – Una battaglia storica, quella dei coraggiosi arcieri e cittadini maremmani che dal 17 settembre del 1328, per quattro giorni, difesero la città di Grosseto durante l’assedio di Ludovico il Bavaro che tornava da Roma appena incoronato imperatore. Questo momento storico di coraggio e sacrificio, forse non troppo conosciuto dai cittadini maremmani (nonostante una lapide a Porta vecchia), sarà ricordato domenica 29 settembre durante il 1° troneo d’arco storico “città di Grosseto”. Un appuntamento particolarmente importante, questo organizzato dal gruppo arcieri storici “Lupi di Maremma” anche perché il capoluogo della Maremma, di fatto, non ha mai avuto una vera e propria rievocazione storica tanto che, come precisa l’assessore allo sport paolo Borghi «vorremmo farne un appuntamento fisso, un evento continuativo. Sarà un momento importante per ricordare un evento storico per Grosseto. Il lavoro dei Lupi di Maremma serve anche per questo, per rinsaldare l’identità e la memoria cittadina con una iniziativa che si svolge intorno alle mura cittadine e, sono sicuro, sarà anche molto scenografia, vista la presenza di tantissimi arcieri in costume provenienti da tutta la Toscana».
«Agli arcieri – precisa Manrico Franci dei Lupi di Maremma – piace costruire da soli il proprio arco e le proprie frecce» sottintendendo così che in un certo senso sarà anche una gara di abilità nella costruzione dell’arco. L’evento, organizzato con la collaborazione della Uisp e con il patrocinio del Comune, inizierà alle 10 con la disfida con l’arco storico in costume al bastione Foprtezza, lungo le mura medicee sotto piazza caduti di Nassiriya, fino a lambire piazza Esperanto. A Grosseto arriveranno 146 arcieri storici e 18 compagnie da Volterra, Arezzo, Montecerboli, Campiglia, Piombino, Pistoia, Scansano, Santa Fiora, Larciano, Londa, Rosignano, Montecatini, Montopoli in Val d’Arno, Suvereto, Arcieri storici fiorentini, Santa Luce, Arcieri di Sacco Ponsacco e Roma. Nel pomeriggio, dalle 15 in poi, in piazza dante, corteo storico lungo le vie del centro con la partecipazione del Gruppo storico medievale di Montiano, del gruppo sbandieratori e musici di Capalbio e con gli arcieri in costume partecipanti al corteo.
La Storia:
Ludovico il Bavaro, di ritorno da Roma dove era stato incoronato imperatore dall’antipapa Niccolò V, decise di non risparmiare la città di Grosseto che non si era sottomessa. Spinto dai conti di Santa Fiora che chiedevano di eliminare Grosseto, utilizzata come porto e fortino dai guelfi di Toscana, l’esercitò imperiale entrò nella Maremma grossetana e si presentò sotto la città il 17 settembre 1328.
Al suono di trombe e bandiere spiegate, fecero capire di volere entrare a diritto in città. Ma Grosseto, situata presso la riva di un grande fiume, l’Ombrone, adatto alla navigazione, e difesa da salde mura e da torri molto elevate, si era preparata a resistere, sotto il comando di Bino degli Abati del Malia, e dei suoi figli Malìa ed Abbatino. I contadini grossetani misero il bestiame al sicuro e corsero al riparo nella fortezza della città sulla rocca, mentre i soldati, le sentinelle e i cittadini più combattivi si radunarono sulle mura e torri, pronti alla battaglia. Alla richiesta dell’Imperatore di viveri e denaro, oltre la dovuta obbedienza e promessa di fedeltà, i Grossetani diedero risposta negativa e accorsero subito a sbarrare le porte della cinta muraria, pronti più alla morte che alla resa. L’Imperatore ordinò di far accostare le macchine da guerra e diede il via agli assalti alla rocca.
La battaglia, pressoché improvvisata, con donne e bambini che dall’alto della rocca gettavano tegole, sassi e oggetti infuocati alle schiere tedesche, diventò presto ordinata ed energica. L’esercito del Bavaro, non riuscendo subito a far breccia nelle salde mura, iniziò una serie di razzie e saccheggi nel territorio intorno alla città, trucidando famiglie che non erano riuscite ad entrare in tempo al sicuro nella rocca, bruciando case, rapinando i bestiami. Ludovico era certo che la città, così piccola ed indebolita dalla malaria presto avrebbe capitolato, e quindi continuò ad ordinare le razzie, che si sarebbero arrestate soltanto con l’apertura delle porte e l’accoglienza in città di Sua Maestà l’Imperatore.
Gli assalti non si risolsero quel giorno del 17 settembre, e così, nei giorni successivi, l’assedio continuò. La repubblica di Siena, per soccorrere la città sulla quale vantava diritto di dominio, spedì a Grosseto Lionetto dell’Avellana, conestabile senese, con un piccolo contingente. Il re di Sicilia Federico II inviò delle truppe in aiuto al Bavaro, che, sbarcate a Talamone, raggiunsero la città, ma furono respinte dai Grossetani, nonostante fossero riuscite a salire più volte sulle mura. Così lo storico senese e vescovo di Grosseto Giovanni Pecci, scrivendo una monografia sulla città, riprendendo il cronista fiorentino Giovanni Villani, scrive: «Dopo quattro giorni di infruttuosi assalti e battaglie, durante i quali i balestrieri dell’Imperatore salirono più volte sulle mura della città, furono dagli abitanti di essa respinti a forza», e poi di nuovo: «Fu allora che l’Imperatore e l’Antipapa fecero ritirare le truppe, dopo aver lasciato sotto le mura di Grosseto più di 400 dei migliori soldati».
Dopo i ripetuti tentativi, e la situazione pisana sempre più urgente, Ludovico e l’antipapa ripartirono con il loro seguito, abbandonando l’idea di espugnare quella piccola, ma tenace città. Come narra una cronaca del Medioevo, così i Tedeschi appellarono i Grossetani: uomini maledetti, nefandi, figliolanza di vipere e serpentacci tortuosi, discendenza pestifera, schiatta velenosa, cani rivomitatori e porci rivolgentisi nel brago, attossicata genia, generazione inflessibile e più dura del macigno, grossolani come il loro nome, non piegabili né per blandizie, né per minacce.