a cura di Piero Simonetti
GAVORRANO – Verso la fine del 1400 i gavorranesi, quasi certamente, non risultavano essere molto ligi agli obblighi matrimoniali ed a tutti quei vincoli di coppia che appartengono non solo al campo dei sentimenti ma anche al settore normativo dell’istituto familiare.
Qualcosa che non quadrava nel contesto sociale gavorranese c’era senz’altro, stando almeno a quanto ci dice un atto del 10 aprile 1480, redatto dall’allora Vicario di Gavorrano, il notaio senese Giovanni di Pietro da Sinalunga.
Così recita il documento:
“Considerati gli scandali che ogni giorno si sentono nei matrimoni, viene ordinato che qualunque persona prenderà moglie in Gavorrano, debba entro 15 giorni dalla pubblicazione di detto matrimonio, avere inguadiata ed inanellata sua moglie (inguadiare ed inanellare la donna, stava a significare l’assumersi il compito di mantenere la promessa matrimoniale). In caso contrario – prosegue la legge introdotta dal Vicario del castello di Gavorrano – l’uomo sia condannato a pagare 25 lire di danari per ogni promessa non mantenuta e per ogni giorno di ritardo oltre i 15 giorni predetti. Inoltre, si introduce la pena di lire 5 per chiunque si mettesse a difendere detti comportamenti condannabili”.
L’Atto amministrativo del Vicario venne poi approvato e reso definitivamente legale dai Signori Regolatori di Siena il 13 novembre dello stesso anno 1480. Chissà se bastò l’introduzione di una multa salata per rimettere in ordine lo smodato comportamento dei maschi gavorranesi d’allora.