di Barbara Farnetani
GROSSETO – Ha telefonato ad un amico per dire che stava morendo. Sono state probabilmente le ultime parole di Klevis Kuco, l’albanese di 28 anni ucciso all’alba di domenica mattina con dieci coltellate alla schiena e alla gola. Erano circa le 4.30, l’amico ha avvertito subito i carabinieri, che però già sapevano grazie ad una chiamata che, al 112, segnalava strani movimenti nella zona.
Immediate sono partite le indagini del comando di Grosseto e del Nucleo operativo, e dopo il corpo, riverso a terra in una pozza di sangue, alle prime luci dell’alba i carabinieri hanno trovato il coltello e un motorino abbandonato poco distante. Erano le 7 quando al 112 è giunta un’altra segnalazione: al pronto soccorso era giunto un giovane con ferite da arma da taglio alle mani. Il giovane, un grossetano di 21 anni, Mirko Fiorini, è stato trasportato in caserma per essere interrogato. Nel frattempo sono partiti i riscontri: il motorino parcheggiato vicino alla zona del delitto è di un parente di Fiorini, mentre i carabinieri hanno appurato che ad accompagnare il giovane era stato un amico che lui aveva chiamato un amico perché lo andasse a prendere nella zona in cui è avvenuto l’omicidio. Poi, verso le 7, si era fatto accompagnare all’ospedale, per farsi medicare alcune ferite e tagli sulle mani. E nell’auto dell’amico i militari hanno trovato le chiavi del motorino, sporche di sangue. Nonostante quelli che i carabinieri hanno definito indizi di colpevolezza «gravi, univoci e concordanti» e che hanno portato al fermo del ragazzo Fiorini ha continuato a negare ogni responsabilità. Le ferite alle mani sarebbero da attribuire ad una rissa, una rapina, il furto del motorino. «Non si è trattato né di un regolamento di conti tra bande né di un delitto nato dalla criminalità organizzata – ha ribadito il comandante provinciale dei carabinieri Gerardo Iorio (al centro nella foto) – si tratta di soggetti gravitanti nell’ambito dello spaccio di stupefacenti». I due, entrambi incensurati, erano però da tempo monitorati dalle forze dell’ordine, tutti e due senza lavoro, l’albanese viveva da solo, e aveva lavorato in passato nell’ambito dell’edilizia, mentre l’altro viveva con la nonna.
Il giovane grossetano non è stato l’unico ad essere sentito ieri pomeriggio come persone informate dei fatti, altre quattro persone sono state interrogate, due stranieri e due italiani, tra cui l’amico del Fiorino che però è risultato estraneo ai fatti. Al momento sembra che i due fossero soli, difficile capire al momento di chi fosse il coltello ritrovato fra l’erba, mentre sono in corso le analisi scientifiche su impronte e rilievi ematici su coltello e motorino. Le indagini sono tutt’ora in corso, anche per appurare, per quanto possibile, la dinamica e le cause dell’omicidio. Intanto al vaglio degli inquirenti ci sono i telefoni dell’albanese e dell’italiano, oltre che i filmati delle telecamere della zona. Fiorini si trova in carcere a Grosseto dove nel pomeriggio dovrebbe avvenire l’interrogatorio di convalida, mentre sempre entro questa sera sarà effettuato l’esame autoptico sul corpo di Klevis Kuco.
Notizia aggiornata: Omicidio a Grosseto, Fiorini resta in carcere: era presente ma «il coltello non era il suo»