di Daniele Reali
GAVORRANO – È il direttore della “tv più piccola del mondo”, come racconta lui stesso, e dal 1999 è impegnato a contrastare con l’informazione la mafia e la criminalità. È Pino Maniaci, siciliano che conosce bene “Cosa nostra” e le dinamiche delle cosche e degli uomini d’onore: ha subito già diversi agguati, per tra volte gli hanno bruciato l’auto e da 7 anni vive sotto la tutela dei carabinieri.
È stato lui ieri il protagonista del primo incontro “Voci di Contrasto” a Gavorrano, il mino ciclo di conferenze organizzate dall’amministrazione comunale nell’ambito del progetto contro la mafia e la corruzione che si è sviluppato intorno allo spettacolo messo in scena al Teatro delle Rocce dalla compagnia Katzenmacher, in cartellone fino a domenica 4 agosto (nella foto da sinistra Alfonso Santagata, Giuseppe De Biase, Pino Maniaci, Elisabetta Iacomelli).
«Non sono un eroe – dice Maniaci – sono una persona normale. Tutti dovremmo essere contro la mafia e la criminalità. A Telejato, la televisione che porto avanti insieme a mia moglie e ai miei tre figli, da anni affrontiamo il tema della mafia in un territorio, tra Palermo, Corleone e Partinico, dove soltanto pensare i nomi delle famiglie mafiose è proibito».
Noi incontriamo Pino Maniaci poco prima dell’inizio dell’incontro, ospitato in uno dei luoghi simbolo di Gavorrano: la galleria museo del Parco delle Rocce. Come si spiega la mafia ad un toscano, gli domandiamo e lui ci risponde in modo pronto: «Certamente non con le fiction dove si spara, la mafia non è più quella de “Il padrino”, la mafia non spara più, si uccidono solo tra loro e sempre meno spesso. La mafia ha cambiato pelle, adesso ha la giacca e la cravatta e usa la Toscana come una lavanderia». Sì una lavanderia per “ripulire” i soldi che provengono da traffici illeciti che poi vengono investiti anche in Toscana e in Maremma. Certo la realtà siciliana è un’altra cosa, ma anche qui in Toscana, dice Maniaci, «ci sono infiltrazioni, sono ovunque in Italia, talmente tante che è difficile vederle e riconoscerle».
Sono tanti gli aneddoti che Maniaci racconta, in modo irriverente, sempre con al sua sigaretta in mano. Tanti episodi di vita quotidiana per rendere bene l’idea e fotografare cosa sia veramente la mentalità mafiosa e il pericolo che si diffonda e che come un cancro faccia ammalare tutti. «In Sicilia siamo 5 milioni, i mafiosi schedati e non sono 5 mila: per poche migliaia di criminali tutta la Sicilia è considerata terra di mafia».
All’iniziativa erano presenti anche il sindaco Elisabetta Iacomelli, il presidente del Laboratorio Gavorrano Idea Giuseppe De Biase, Alfonso Santagata, regista della Katzenmacher, Alessandra Casini, direttrice del Teatro delle Rocce.
Un incontro, quello con Pino Maniaci, che ha catturato l’attenzione dei partecipanti e che, come è nello spirito della campagna di sensibilizzazione contro le mafie e la corruzione lanciata dal comune di Gavorrano, ha rappresentato un altro canale importante per conoscere meglio che cosa si intende quando si parla di criminalità organizzata.E stasera si replica: per il secondo incontro di “Voci di contrasto”, in programma alle 18 sempre negli spazi del Parco delle Rocce di Gavorrano, il sindaco Elisabetta Iacomelli accoglierà Jacopo Armini, sindaco di Monteroni d’Arbia, Andrea Campinoti, sindaco di Certaldo e Presidente nazionale dell’associazione Avviso Pubblico, Filippo Focardi, Sostituto Procuratore di Firenze, esponenti della Fondazione Caponnetto e di Libera, per parlare delle esperienze legate al territorio toscano.
(per ingrandire cliccare sulle foto)
[gallery link=”file” order=”DESC” orderby=”rand”]