di Michela Corti
Giuncarico – Nella memoria di qualche giuncarichese sarà forse rimasta traccia della scoperta della necropoli etrusca di San Germano avvenuta tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70 dello scorso secolo. Allora furono individuate oltre venti tombe, alcune delle quali vennero sottoposte a scavo archeologico da parte della Soprintendenza Archeologica della Toscana. La necropoli si sviluppava lungo la media valle del Sovata, in un’area non molto distante dalla attuale stazione ferroviaria di Giuncarico e all’epoca del suo utilizzo, tra fine VII e VI secolo a.C., si trovava nel distretto territoriale di Vetulonia, lungo una delle direttrici che dalla città conducevano all’area mineraria del Massetano, luogo di approvvigionamento di minerali come ferro, rame, piombo ed argento da parte della metropoli etrusca. (Sopra: una delle tombe della necropoli di San Germano)
Fin qui, dunque, le vicende più antiche, meno nota, tuttavia, è la storia successiva legata all’area di San Germano. E’ necessario, infatti, fare un salto di qualche centinaio di anni per trovare nuovamente memoria del luogo ed andare alla metà del IX secolo d.C., quando in un inventario di beni del vescovo di Lucca si cita un certo “Gumpulo de Sancto Germano” come dipendente dell’azienda rurale di San Giorgio di Ravi.
Ancora un salto nel tempo e nel XII secolo compare per la prima volta nella documentazione scritta una chiesa nel territorio intitolata a San Germano.
Ma la descrizione più puntuale della presenza di un edificio ecclesiastico proprio nell’area fin qui descritta sia ha soltanto quando la struttura versa ormai in cattive condizioni. Risale, infatti, alla metà del Quattrocento un documento in cui si può leggere “In prima el primo termine murato a pietre et calcina alto e rilevato come si costuma poniamo in capo al fossatello che passa davanti al monistero che fu sancto Germano et egi guasto et mecte in el fossato che si chiama la Sovata a piè del Monte grande della Serra che è fra Pietra e Giuncaricho…”.
I resti materiali di una probabile struttura ecclesiastica si trovano oggi immersi in una fitta macchia, sono rappresentati da crolli di pietre avvolti da una vegetazione in cui risulta piuttosto difficile riuscire a districarsi, ma, alla fine, quel che conta è che sono li a parlarci del nostro passato.