SCARLINO – “Da troppo tempo i lavoratori dipendenti della multinazionale Venator, e quelli dell’indotto, assistono sgomenti ma non rassegnati alla grave crisi che sta interessando il Gruppo Venator”. Così il Psi commenta la situazione del polo industriale scarlinese.
“Come Partito Socialista – proseguono – riteniamo che l’avvio della cassa integrazione per circa 140 lavoratori sia inaccettabile perché la crisi economica che ha riguardato l’intero gruppo, con il calo delle vendite del biossido di titanio, non possono ricadere solo sui lavoratori di Scarlino e sulle loro famiglie.
La perdita di salari, ma soprattutto anche quella dell’abbandono delle migliori maestranze, ci preoccupa moltissimo”.
“Non comprendiamo come sia stato possibile che Venator abbia continuato a pagare fino ad oggi gli stipendi a tutti i loro dipendenti anche se l’impianto si era fermato a luglio del 2023, e adesso nulla solo spiccioli e cassa integrazione – continua il Psi -. Da pochi mesi di è concluso positivamente la ristrutturazione dell’ingente debito accumulato, con l’ingresso di nuovi soci e la nomina di un nuovo Cda che evidentemente ha ritenuto di chiudere i rubinetti della spesa per Scarlino, adducendo responsabilità a carico delle istituzioni, che a dire il vero non hanno certo brillato per tempismo ed efficienza. Adesso si apre un percorso ad ostacoli, dove si sono poste alcune tappe, come l’autorizzazione al deposito definitivo dei gessi entro giugno e la ripresa produttiva entro gli ultimi mesi dell’anno in corso”.
“Preoccupa l’iter avviato e ancora non concluso dalla Procura, su segnalazione della Commissione parlamentare, che segnalò irregolarità sulla composizione chimico-fisica dei gessi conferiti a Montioni, suggerendo la ricerca negli stessi del cromo esavalente, noto cancerogeno, ma che nel processo di produzione del biossido di titanio risulta non esserci – conclude il Psi -. Un prodotto allora utilizzato secondo norma, per ripristini ambientali ed invece adesso trattato come un rifiuto non pericoloso da conferire in discarica. Ritardi, errori, una asfissiante burocrazia, non possono come sempre ricadere sui lavoratori a cui va il nostro incondizionato sostegno”.