GROSSETO – Lo scenario del recupero del relitto della Costa Concordia appare sempre più fosco con voci che si susseguono sulle difficoltà tecniche che starebbero incontrando le imprese coinvolte nei lavori. Si tratta di problemi che, come si legge sulla stampa, sarebbero legati soprattutto ai fori da fare nel fondale roccioso. A questo punto Legambiente chiede chiarezza sui problemi riscontrati, sulla situazione che si sta delineando e sulla necessità di approntare un serio piano d’emergenza.
“I problemi che ancora una volta emergono sui lavori legati alla rimozione della nave Concordia – spiegano Sebastiano Venneri, Umberto Mazzantini e Angelo Gentili, rispettivamente responsabile nazionale Mare, responsabile isole minori e segreteria nazionale di Legambiente – ci preoccupano non poco, soprattutto alla luce delle perplessità già avanzate dal ministro Corrado Clini. I motivi delle preoccupazioni sono purtroppo gli stessi già espressi più volte da Legambiente sull’intervento di rimozione della nave dai fondali del Giglio, ma che adesso, alla luce dei recenti sviluppi e delle posizioni del Ministro Clini, assumono sempre più concretezza. Al di là del lavoro svolto dall’Osservatorio sulla rimozione della Concordia, dall’Arpat e dall’Università di Firenze, l’unica voce ufficiale è il sito (theparbucklingproject.com), aggiornato peraltro solo in lingua inglese e non in italiano. Visto che i lavori di rimozione vengono fatti all’Isola del Giglio e non a New York, sarebbe bene che le informazioni e i report forniti da Costa sulle operazioni dei lavori venissero tradotte anche in italiano: la chiarezza e la trasparenza, infatti, sono alla base dell’informazione”.
“Invitiamo infine anche l’Osservatorio sulla Concordia, la Regione Toscana e il Ministero dell’Ambiente a chiarire con sollecitudine le problematiche legate al progetto di rimozione, la nuova tempistica sui lavori e la predisposizione di un piano d’emergenza o di un piano alternativo da percorrere in caso di fallimento del progetto principale. Il perdurare delle forti difficoltà nell’applicazione del progetto – concludono Venneri, Gentili e Mazzantini – allungherebbe notevolmente i tempi previsti di completamento delle operazioni, con un aggravamento del deterioramento del relitto e un nuovo preoccupante scenario legato al possibile rischio inabissamento e sversamento di sostanze inquinanti”.