AMIATA – «La guerra e le speculazioni con il caro energia mettono a rischio l’apertura degli impianti di sci del Monte Amiata e di tante stazioni italiane».
Esordisce così Luciano Porcelloni, responsabile toscano di Federfuni.
«Da sempre – afferma -, con la fine dell’estate, sulla montagna amiatina, mentre si gode dei frutti del sottobosco e si vive l’emozione di un “foliage”, tra i più belli d’Italia, si comincia a prepararsi per la futura stagione invernale. Questo periodo, per gli uomini della montagna, vissuto in mezzo a tanta bellezza, è forse uno dei momenti più emozionanti dell’anno. Lavorare in mezzo a questi boschi, non di rado raccogliendo un porcino qua e là, in mezzo a mille colori della nostra faggeta, tra le più grandi d’Europa, ed intanto cominciare a predisporre ed attrezzare tutta l’area sciabile di tutto quello che la Stazione invernale necessita per accogliere al meglio gli utenti che sceglieranno questa montagna per trascorrere le loro giornate sulla neve. Si controllano e si posizionano tutti i dispositivi di sicurezza tolti alla fine della passata stagione (reti, materassi, etc.); si procede ai collaudi di legge ed alle manutenzioni ordinarie e straordinarie dei gatti delle nevi, degli impianti di risalita, dei tracciati e a rendere tutto perfettamente idoneo e sicuro per la pratica dello sci alpino. Una grande importanza rivestono gli interventi sia strutturali, che di manutenzione per tutto l’impianto di innevamento diventato ormai uno “strumento” indispensabile per garantire la continuità del manto nevoso durante tutta la stagione. Non di rado è solo grazie a questo che abbiamo potuto sciare durante le vacanze natalizie».
«Dopo tre anni passati a tribolare, con chiusure e limitazioni forzate a causa della pandemia o per scarsità di precipitazioni, che hanno fortemente compromesso le situazioni economiche delle aziende che gestiscono gli impianti di risalita, speravamo che, quest’anno, potessimo finalmente realizzare una stagione “normale” dove le uniche nostre preoccupazioni fossero quelle di sperare in abbondanti precipitazioni e garantire l’apertura dell’area sciabile in sicurezza. Purtroppo la guerra tra Russia ed Ucraina e le speculazioni hanno fatto “lievitare” i costi dell’energia fuori ogni controllo e, aziende energivore come le nostre, devono fare i conti con questa nuova “criticità”. Ad oggi, purtroppo, non si vedono soluzioni e non è pensabile che possiamo affrontare i costi attuali del 150% in più rispetto alle scorse stagioni».
«Ritengo, per onestà di narrazione che, prima di parlare di aperture o chiusure totali o parziali della stazione o di altre soluzioni tampone per affrontare questa ennesima criticità della nostra montagna, seppur grave e pesante, occorra ribadire con forza la volontà degli esercenti gli impianti e delle amministrazioni comunali delle Terre Alte dell’Amiata che faranno tutto quanto nella loro disponibilità e capacità per garantire l’apertura della stazione invernale e che si stanno impegnando al massimo per scongiurare qualsiasi tipo di limitazione alla futura stagionalità 2022-2023».
«Quello che purtroppo sta emergendo, nei numerosi tavoli di confronto, è che in tale situazione, se lasciati da soli (esercenti ed amministrazioni), con le nostre forze, non saremo in grado di poterla risolvere in modo positivo. Per ora stiamo attendendo le risposte dalla Regione Toscana e dal governo che si è appena insediato per sapere se saranno in grado di affiancarci per trovare strade e, soprattutto, soluzioni economiche che ci permettano di superare il momento particolare della crisi energetica (sia sull’Amiata che in tutte le altre montagne italiane). Sempre per massima onestà di narrazione credo che valga la pena spendere due parole anche sull’uso e l’utilizzo dell’energia necessaria alla nostra area sciabile durante l’inverno. Cerchiamo di fare chiarezza estrapolando i soli costi energetici necessari alla stazione invernale, da novembre a marzo, ed escludendo tutti gli altri costi (manutenzioni, ammortamenti, personale, etc.)».
«I costi energetici della “neve”: Pochi forse sanno che, d’inverno, su base 100%, circa il 20% è rappresentato dal costo energetico degli impianti di risalita, il 5% dal costo energetico per la battitura ed il rimanente 75% è il consumo necessario per l’impianto di innevamento. Ribadisco che l’impianto di innevamento è quello strumento (almeno all’Amiata) che permette di evitare, durante la stagione, chiusure di piste ed impianti dovute a scarsità di neve naturale; è lo strumento con cui si può, a volte, parlare, sulla nostra montagna, di “Bianco Natale” dove, non di rado, le precipitazioni tardano ad arrivare fino a fine dicembre o addirittura a gennaio e, solo grazie all’innevamento programmato, siamo in grado di aprire campi scuola e alcune piste più lunghe. Rappresenta quello strumento in grado di poter far sì che tutte le attività commerciali, ricettive ed economiche possano programmare la vendita e la promozione di una stagione chiamata “inverno”».
«Rappresenta quindi “un importante volano economico di tutta la montagna” che permette ai maestri di sci, ai noleggi, ai bar e a quanti vivono di questo “pane” di potersi organizzare e programmare per il loro lavoro. Rappresenta lo strumento con cui, nella maggior parte dei casi (come la passata stagione invernale), possiamo dare la “garanzia” alle scuole di poter organizzare i corsi di giornate sulla neve (che negli ultimi anni sono stati più di mille partecipanti a stagione); possiamo dare la “garanzia” ai numerosi sci club di permettere ai loro atleti di potersi allenare e svolgere il loro programma sportivo di corsi, allenamenti e gare».
«Rimane soltanto da condividere e chiarire che se “l’innevamento programmato” è uno “strumento” di sviluppo economico di tutto il territorio è giusto che se ne facciano carico soltanto gli esercenti degli impianti di risalita? Cosa rappresenta l’innevamento programmato per la realtà economica della nostra montagna? Niente… Tutto….. (risposta di Saladino a Baliano quando gli chiede quanto vale Gerusalemme nel film di Ridley Scott “Le Crociate”)».