CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – “È un caldo boia. Se cammini e non fai svelto affondi nell’asfalto. Sento le folate di aria calda che mi soffocano. Sono costretto a rincorrere i gabbiani e gli elicotteri per rubargli l’ombra”. “Penso ai poveri cani e gatti che sono sviluppati in orizzontale e assorbono tutto quel caldo che viene da sotto”.
“Se acchiappo qualcuno che nell’inverno dice che vuole il caldo, lo spezzo in cinque parti.”
E quello che penso quando arrivo “sfiancato” a metà agosto, anche se quando per la prima volta una sera comincia a volerci il maglioncino di cotone mi ricredo subito.
Ma allora non siamo mai contenti!
Con questo caldo infernale si affrontava il palo della cuccagna posto in orizzontale sulla Bruna, nello spazio subito sotto le cateratte, il giorno del Palio Marinaro dopo ferragosto.
La gara remiera si svolgeva lungo il fiume nel tratto compreso tra la prima ansa e le cateratte proprio dove ora centinaia di barche sono ormeggiate nei due lati.
Nelle prime edizioni erano presenti i Rioni di Piazza, Portaccia, Castello, e Marina e non c’era ancora il Ponte Giorgini e in realtà anche il Castello lo chiamavamo in altro modo: il Ghetto.
La gara dell’albero (palo) della cuccagna era organizzata sia per ingannare il tempo prima del palio, sia per refrigerare i cervelli e le altre parti intime delle “teste calde” dei sostenitori dei vari rioni che avrebbero voluto cominciare subito a scazzottarsi.
Il palo, che si allungava per diversi metri , veniva insaponato a dovere in modo che fosse quasi impossibile raggiungere la bandiera posta alla fine la cui cattura rappresentava il raggiungimento dell’obiettivo.
Si vedevano i giovanotti in costume tentare di raggiungere la fine del palo con le conseguenti cadute in acqua e talvolta sullo stesso palo con botte sui “gioielli di famiglia” a cui faceva da contorno il coro di “vai, vai” che era sempre più forte “via via” che il competitore guadagnava centimetri.
Poi l’arrivo delle quattro barche provenienti dalla fiumara faceva inizialmente ammutolire la folla riunita, che subito dopo però cominciava ad incitare i vari beniamini con urla di ogni genere, con l’aggiunta di sproloqui (parolacce/strafalcioni) e altri ammennicoli e litanie di contorno…
Una volta che le barche avevano raggiunto la zona della partenza cominciava la corsa, seguita lungo gli argini da persone che correvano a piedi o in bicicletta e, da lontano, dalle persone appostate sulla zona di arrivo o arrampicate sopra le saracinesche del ponte. Quelle più veloci in bicicletta aggiornavano sulle varie posizione a metà gara.
All’arrivo l’equipaggio vincitore si gettava in acqua, seguito da decine e decine di sostenitori, molti dei quali si erano cimentati fino a poco prima con l’albero della cuccagna.
Dopo cominciava la festa con cori e cortei, con in testa il caporione (capo del Rione) vincitore, e la madrina di turno e si concludeva vicino alla statua in memoria di Orsino Orsini, dove il Palio veniva innalzato dai membri dell’equipaggio con le urla dei sostenitori.
Era in quel momento che cominciavano le furibonde scazzottate dove si fronteggiavano sostenitori dei rioni e anche gli stessi componenti degli equipaggi. Poi i fuochi e tutto sbolliva: finiva l’estate.
Per copiare un detto Senese, non me ne vogliano gli abitanti dell’amata città “Lo scoppio dell’ultimo fuoco sapeva già di buristo”. Poi il caldo scemava e si cominciava a pensare alle battute di caccia al cinghiale.