MANCIANO – Ha portato le pecore uccise nella piazza davanti al municipio di Manciano. Un allevatore ha voluto così portare all’attenzione di tutti la situazione in cui si trovano ad operare tanti pastori.
«Le predazioni continuano imperterrite mettendo in ginocchio le aziende zootecniche. Stamani Carmelo Masala, comune di Manciano, recatosi al suo ovile ha trovato nuovamente alcune pecore sbranate. La disperazione di chi ha sempre creduto in questo lavoro, sta gettando la spugna a causa dei danni e dei costi non più sostenibili» afferma Mirella Pastorelli presidente del comitato pastori.
«Le pecore non possono rimanere, giorno e notte, chiuse nei recinti – afferma Carmelo Masala -, perché ormai il lupo scorrazza tranquillamente per la campagna, mentre gli agricoltori e allevatori lavorano i campi. Una tragica situazione, che dimostra che le misure di sicurezza non tutelano più, la situazione è sfuggita di mano, basta con la tolleranza verso un animale che non rischia più la sua estinzione».
«È arrivato il momento – afferma Mirella Pastorelli -, di mettere in atto misure serie attraverso progetti pilota, come già sperimentati in altre regioni che hanno le stesse problematiche. A breve presenteremo tali richieste all’assessore all’agricoltura Stefania Saccardi in modo da trovare misure idonee a difesa delle greggi che non possono rimanere chiuse nei recinti giorno e notte, con grossi danni, cibandosi solo di foraggi , sia per qualità e resa del latte sia per le spese che devono sostenere gli allevatori».
«Se tale problema non sarà risolto nell’immediato le ripercussioni saranno non solo per le aziende, ma per i caseifici e per tutto l’indotto che vi ruota intorno. Il comitato a nome degli allevatori, vuole essere ascoltato, vuole che le misure che saranno presentate siano messe in atto, non vuole la morte della pastorizia, non vuole che la zootecnia venga schiacciata dalle multinazionali, bene la globalizzazione, ma ciascuno con la propria identità».
«Come primo atto esprimiamo la nostra totale e piena solidarietà all’allevatore che, per l’ennesima volta, ha visto le sue pecore morire a causa dei morsi dei predatori» ha commentato Claudio Capecchi presidente di Cia Grosseto. «Siamo di fronte ad una piaga che abbiamo più volte denunciato, per la quale come Cia ci siamo resi disponibili ad un serio confronto con la politica e le istituzioni preposte e che ad oggi, prendiamo atto, sembra davvero non interessare».
«La pastorizia, uno dei patrimoni dell’agricoltura italiana e maremmana, è allo stremo, eppure le risposte che da anni chiediamo non arrivano. Sono pochi gli allevatori che non hanno alzato bandiera bianca ma, se all’impennata dei costi delle materie prime, a quelli energetici e all’aumento dell’inflazione sommiamo gli attacchi oramai quotidiani, siamo certi che questo tipo di allevamento a breve sarà destinato a diventare un ricordo storico».
«Compito dell’agricoltore è quello di lavorare per garantire prodotti di eccellenza e non quello di sfamare i predatori – aggiunge con fermezza Capecchi e ricorda che – secondo la studio pubblicato qualche giorno fa dall’Ispra, nella penisola si registra un forte aumento della popolazione dei lupi. I dati evidenziano che ci sono circa 3300 esemplari in Italia, circa 2400 dei quali lungo le regioni della zona peninsulare con una presenza molto elevata in Toscana».
«Grazie anche all’introduzione di norme di protezione stringenti – spiega il presidente – la popolazione dei predatori è in costante aumento e il lupo che sempre più spesso si muove in branco e non teme l’uomo, ha colonizzato praticamente tutti gli ambienti idonei e la Maremma è uno di questi. I numeri sembrano dunque confermare che più che il lupo, oggi sono le greggi ad essere in via di estinzione. Quando chiude un allevamento non muore solo un’azienda ma muore una parte della nostra cultura agroalimentare; muore un territorio e l’indotto circostante».
E conclude «La politica deve avere il coraggio di chiarire come risolvere questo problema magari, come da anni chiede la Confederazione, rivedendo la legge 157/1992 “Norme per la protezione della fauna selvatica” oramai non più rispondente alle necessità che si sono venute a creare. Abbiamo sentito tante promesse: la disperazione dell’allevatore di Manciano è la disperazione di tutti gli allevatori; oggi pretendiamo fatti».