CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – Dell’infanzia ho ricordi a sprazzi, qualche ricordo prima di andare alle elementari ma sopratutto ricordi “delle scuole elementari”.
Si diceva che le maestre, per lo più donne, appunto, fossero le seconde mamme.
Tanto era il rispetto e l’amore reciproco da mantenere quel legame per molti, molti anni, anche dopo la scuola primaria. Senza evidenziare chi fossero singolarmente mi piace ricordarne il carattere.
Erano disponibili ed erano vicine/i alle situazioni familiari di ognuno.
Vero è che in quel periodo esistevano alcune discriminazioni che oggi forse non accetteremmo a cuor leggero. Infatti c’era una classe “speciale” per i più irrequieti anche se in realtà eravamo tutti “speciali”.
In quel periodo forse non esisteva, o non doveva esistere, per pregiudizi od altro “l’integrazione” tra diverse personalità, anzi era “lo stato” a decretarne la separazione.
Noi ragazzi non lo sapevamo e quindi continuavamo a giocare con i ragazzi speciali che l’ottusità di quel tempo teneva in disparte.
C’era la paura del contagio e questa prevaleva sul buon senso. A nulla servivano le proteste dei genitori di quei bambini che, a dispetto dei pregiudizi, sarebbero cresciuti e finalmente avrebbero liberamente rivelato le loro qualità.
Sono stato sempre molto sensibile, almeno così mi dicevano, e pertanto questa discriminazione mi faceva soffrire. Non capivo perché bambini di età diverse dovessero andare in aula tutti insieme anziché frequentare la classe corrispondente all’età anagrafica. Nessuno è mai stato in grado di farmelo capire.
Addirittura non se ne doveva parlare, ed io continuavo a non capire perché quel coetaneo con cui giocavo dopo la scuola non potesse stare in classe insieme a me e agli altri suoi amici.
Oggi a pensarci bene mi viene da dire che non siamo molto diversi. Cambiano i musicanti ma la musica è la stessa.
Come dire “la storia pur non essendo mai uguale a se stessa si ripete all’infinito” relegando alcuni in classi speciali.