Intervista al cantante che ha conquistato i lettori del Giunco.net: è stato il più votato nella prima fase del nostro sondaggio “Il Sindaco che vorrei”
di Annalisa Mastellone
Gavorrano – «Escludo ogni minima ipotesi di una mia candidatura a sindaco, o di appoggiare una qualsiasi lista». Primo nel sondaggio “Il sindaco che vorrei” promosso dal blog ilgiunco.net, Michele Carusi (foto in basso), in arte Pennetta, cantante, poeta e giovane operaio delle acciaierie di Piombino, smentisce le voci che parlano di una sua entrata in politica, descrivendo come la vorrebbe.
Di quali problemi dovrebbero occuparsi i politici locali, futuro sindaco in primis?
«Mi piace essere libero soprattutto di parlare, senza dover pensare se quello che sto dicendo è in linea con quella corrente o con quel partito e questo è, giustamente, impensabile quando decidi di aderire ad un movimento specifico fatto di molte altre persone oltre a te. Per prima cosa, secondo me i politici locali dovrebbero cominciare ad occuparsi dei politici stessi. Non sono le case o i grattacieli a fare i paesi, ma la gente. Ritrovare l’attaccamento, non solo ad una poltrona, ma soprattutto al posto dove vivono cominciando a governarlo col cuore, prima ancora che con la testa o peggio ancora col portafoglio. Tanto per cominciare sarebbe opportuno mettere le persone giuste al posto giusto, in base alle effettive capacità e non al grado di parentela o a uno scambio di favori al fine di raggiungere lo scopo desiderato. Ed evitare alleanze forzate, addirittura con storici “nemici”. Insomma, ve li immaginate Peppone e Don Camillo insieme? Fare il sindaco non è un lavoro, ma una missione, ogni sindaco deve sentirsi un missionario nel proprio paese, una figura scelta dal popolo e “serva del popolo”, non un sovrano che determina le sorti di una comunità. Purtroppo mi rendo conto che è difficile staccarsi dai vecchi schemi della partitocrazia, anche se forse qualcuno ci sta provando. D’altra parte, diceva Mazzini, le vere rivoluzioni sono rare, proprio per il fatto che non danno mai risultati immediati, occorre gente pronta a sacrificarsi per ottenere qualcosa di cui godranno solo le generazioni future».
Operaio, 40 anni, sposato: come vive quotidianamente una famiglia giovane come la tua a Gavorrano?
«Sì, tra una canzone e una poesia, mi diverto a fare l’operaio in fabbrica e se è vero che per ora non mi lamento (nel senso che c’è chi sta peggio), è anche vero che le prospettive non sono delle migliori. Oggi neanche chi come me ha il posto fisso, può sentirsi al sicuro. E’ crisi per tutti, tanto è vero che, per stare tranquilli, mia moglie fa 5 ‘semilavori’. Mi reputo abbastanza fortunato per il fatto che se mi guardo intorno sono veramente molti quelli della mia età che fanno fatica ad arrivare a fine mese, e purtroppo dalle nostre parti gli sbocchi sono veramente pochi. Mi piacerebbe si cominciasse a puntare concretamente di più sul turismo, visto che l’ambiente in cui viviamo lo permette, ma d’altra parte siamo un popolo di minatori e certi cambiamenti, soprattutto per la mentalità, richiedono inevitabilmente del tempo. Per finire vorrei fare gli auguri a tutti coloro che decideranno di adoperarsi per il bene di Gavorrano, purché lo facciano col cuore. E che vinca il migliore».