CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – A maggio veniva voglia di esagerare ma cosa potevamo mai combinare con una bicicletta e i compiti da fare. Potevamo andare a fare le lezioni in casa del compagno di scuola che abitava nel podere vicino al Ponte della Valle. Una botta di vita.
Bicicletta, cartella, uno pedalava e l’altro in piedi sul portapacchi comandava la quadriglia. A casa del compagno ci accoglieva la mamma con tanto di pezzola in testa e grembiule come si usava allora in campagna. “Venite ragazzi che poi vi preparo la merenda” queste erano le parole dell’accoglienza che ci avevano spinto fin là con entusiasmo.
Facevamo i compiti più velocemente possibile e poi la madia si apriva facendo uscire quel profumo di pane e di salumi che solo in campagna si sentiva. Il prosciutto appena tagliato profumava di “stagionatura e grasso buono”. Il pane di grano macinato e tostato.
Tutti i sensi erano coinvolti: la vista con le fette tagliate a mano rosse di carne e bianche di grasso, appoggiate sul tagliere di legno; il tatto con lo spessore del pane appena tagliato a fette irregolari; l’olfatto con l’intenso profumo; il gusto con i sapori della campagna dentro quel cibo. E infine l’udito con le parole amorevoli della mamma del compagno che ci porgeva la merenda.
Poi i bicchieri colmi d’acqua con una piccola spruzzata di vino rosso. “Per far sangue” diceva ridendo la mamma. Era un’occasione unica per assaggiare un po’ di vino.
E finalmente i morsi dati a quella merenda indimenticabile che si scioglieva in bocca insieme al pomeriggio che passava. Poi subito dopo nel campo adiacente alla casa colonica la raccolta di qualche baccello utile per il viaggio di ritorno. Chi stava in piedi sbucciava un baccello e passava il contenuto fava dopo fava a chi pedalava, come fosse carburante utile per arrivare in fretta, prima che il calar del sole facesse preoccupare chi ci aspettava a casa.
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