GROSSETO – «Perché impedite a 4700 farmacisti, laureati che operano nelle cosiddette “parafarmacie” di eseguire tamponi rapidi antigenici?» a chiederlo al ministro Roberto Speranza sono il Movimento nazionale liberi farmacisti e la Confederazione unitaria libere parafarmacie italiane. Una richiesta, la loro, che ha particolarmente senso in questo momento in cui le farmacie e i centri di analisi sono intasati dalle richieste.
«Perché li considerate farmacisti di serie B? Non hanno anche questi farmacisti tutte le competenze che hanno i loro colleghi che lavorano in farmacia? E’ un problema di dotazioni tecniche? Non crediamo, esse sono stabilite in rigidi protocolli cui le parafarmacie si possono adeguare in breve tempo».
«In questi giorni i cittadini sono sballottati da una farmacia all’altra per trovare un “buco” ove poter eseguire un test che per 48 ore gli permetta di avere il greenpass, noi pensiamo che non sia da “Paese civile” assistere al caos, alle file interminabili che registriamo in questi giorni in tutte le regioni italiane. Aldilà delle dichiarazioni rassicuranti dei rappresentanti dei titolari di farmacia, le stesse sono al collasso, semplicemente non ce la fanno a reggere l’urto dei richiedenti il test» prosegue la nota.
«Non pensiamo ci sia una volontà “punitiva” nei confronti di chi non si è vaccinato, piuttosto un ascolto errato di “consiglieri”, non del tutto super partes, che le hanno fatto credere che solo le farmacie dovevano essere autorizzate all’esecuzione del test. Peraltro aderiscono meno della metà del totale».
«Infatti, cominciano a farsi largo anche nella magistratura (si veda la sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 21 settembre) dubbi sulla liceità dell’esclusiva alle farmacie. Esclusiva che non solo lede numerose regole sulla concorrenza, ma reca un danno certo ai cittadini circa il prezzo dei tamponi e la reperibilità dei luoghi ove questi possono essere fatti. Non è necessario che lo Stato si accolli il costo dei tamponi, è però auspicabile che le Istituzioni facciano di tutto perché il prezzo diminuisca e la disponibilità aumenti».
«Il tampone certamente non deve essere la soluzione alla pandemia, solo la vaccinazione lo è. Tuttavia, se esiste una legge dello Stato che lo impone per diverse attività e nei luoghi di lavoro, non può essere quello stesso Stato che ne impedisce la fruibilità. Signor ministro abbandoni l’ascolto dei consiglieri interessati a profili corporativi, segua gli interessi dei cittadini e permetta alle oltre 4700 parafarmacie italiane di eseguire test antigenici rapidi, non aspetti che sia una Corte nazionale o Europea a sancirne la legittimità» prosegue.
«I farmacisti delle parafarmacie hanno entusiasmo e voglia di dare una mano, li utilizzi signor ministro: non chiedono altro che mettere a disposizione la propria professionalità nella lotta alla pandemia».