GROSSETO – “Gessi rossi: i sindacati stanno con i padroni”, così la Federazione del sociale Usb Toscana.
“Questa estate è iniziata una battaglia importante nel Comune di Civitella Paganico e Campagnatico – spiegano dalla federazione -, quella contro il deposito di un milione di metri cubi di gessi rossi, generati dagli scarti di lavorazione del biossido di titanio, nella cava di Pietratonda. Il comitato del no ai gessi rossi di Paganico che ha iniziato la mobilitazione, l’informazione e la lotta, ha sostenuto e documentato che non si tratta di un ripristino dei profili preesistenti della cava, ma di una discarica senza i previsti impianti prescritti dalla legge. Inoltre è riuscito a far entrare nella battaglia pubblica anche il Comune di competenza, cioè Campagnatico.
Il comitato ha raccolto tra i cittadini molte firme per ottenere un’inchiesta pubblica e poter dare ai cittadini anche le informazioni contrarie al progetto voluto dalla Venator, ex Tioxide, multinazionale americana, ma la Regione non l’ha concessa. Da notare il silenzio del sindaco e presidente della Provincia Antonfrancesco Vivarelli Colonna: nonostante gli Uffici tecnici pubblici abbiano segnalato rischi di inquinamento delle falde idriche che arrivano sotto la città di Grosseto, si è infine esposto qualche settimana fa lodando la Venator assieme a Confindustria Grosseto.
Da parte loro, Cgil, Cisl e Uil non chiedono maggiori informazioni e un dibattito pubblico, ma si scagliano contro comitati e ambientalisti, accusandoli di non difendere i lavoratori e le lavoratrici della Venator. Questo allineamento dei confederali alle ragioni di Confindustria è lo stesso che vediamo a Santa Fiora con la Geotermia, con l’avallo del Pd. A Livello regionale lo vediamo a Carrara con l’escavazione selvaggia che provoca lo sversamento della marmettola (prodotto cancerogeno come il gesso rosso), a livello nazionale lo vediamo con la inutile e dannosa Tav in Piemonte e con la mortale Ilva di Taranto.
Contrapporre lavoro a salute e diritti è sempre sbagliato, ma sta alla politica dare ai lavoratori e lavoratrici di Venator una risposta alternativa, invece che allinearsi acriticamente al padronato e in particolare ad una multinazionale con sede negli Usa nella propria subalterna impotenza”.