GROSSETO – Ora a sancire quel che s’era visto la scorsa estate a occhio nudo, è arrivato il suggello autorevole dell’Irpet (istituto regionale per la programmazione economica della Toscana). La costa maremmana è quella che l’anno scorso ha avuto la migliore performance turistica della regione, con un calo delle presenze nelle strutture turistiche ufficiali “solo” del 25 e 30 per cento. Rispettivamente negli Ambiti turistici Maremma e Maremma Area nord. Dato relativo al periodo gennaio/settembre con i flussi trasmessi dagli operatori alla Regione e poi validati dall’Istat, per quanto non ancora ufficiali.
Anche all’Amiata è andata benino, si fa per dire, rispetto alla gran parte degli altri Ambiti turistici regionali. Con un calo del 38 per cento nei primi nove mesi del 2020 (43% su undici). Da tenere presente che nel 2019 le presenze registrate in Toscana da gennaio a settembre, costituivano l’86% di quelle totali, spalmate su dodici mensilità. I danni, quindi, sono stati contenuti. Si fa per dire, tenuto conto dell’impatto pesante del Covid-19.
Questa prima stima a livello di Ambiti omogenei, tuttavia, non tiene conto del risultato migliore registrato nelle strutture ricettive non ufficiali – le seconde case – per le quali non esistono statistiche puntuali. Ma che senza alcun dubbio hanno registrato un risultato molto buono. A luglio e agosto praticamente da tutto esaurito, come la passata estate era evidente a chiunque. Motivo per cui, sommando le presenze in strutture ufficiali con la stima di quelle non ufficiali, è molto probabile che sull’anno la perdita effettiva in Maremma sia approssimativamente intorno al 20%. Anche tenendo conto che ottobre, novembre e dicembre risulteranno a consuntivo in perdita secca. Calo pesante ma non drammatico come quelli, ad esempio, registrati nelle città d’arte. A partire da Firenze, che da gennaio a settembre dell’anno scorso ha perso il 78 per cento dei turisti.
Tornando ai dati ufficiosi delle presenze turistiche in Maremma da gennaio a settembre 2020, quello che salta agli occhi è come l’andamento dei soggiorni abbia seguito in modo pedissequo quello della pandemia: -7% a gennaio e febbraio. Meno 72% a marzo; -93% ad aprile; – 87% a maggio e -51% a giugno. Poi l’impennata luglio-agosto-settembre con -14%, -10% e -5%. Più o meno simile l’andamento delle presenze sull’Amiata.
L’analisi dell’Irpet a livello dei singoli territori si ferma qui. Molto interessante però la valutazione relativa alla Toscana nel suo complesso. Dalla quale si può trarre qualche elemento di relativo ottimismo, molto relativo, per la provincia di Grosseto.
L’istituto di ricerca regionale, infatti, aveva ipotizzato per la regione due scenari: quello A, più ottimistico, con una pandemia decrescente sulla falsariga di come si è evoluta in Cina. Quello B, invece, che prevedeva una discesa più lenta del contagio, con la pandemia che non scompariva. Poi di fatto si è verificata un’ipotesi intermedia, che l’Irpet ha definito C1, relativa alle strutture ricettive ufficiali, e C2, che invece tiene insieme tutte le strutture turistico ricettive, che censiscono gli ospiti e che non li censiscono.
Nell’ipotesi C1 la Toscana nel suo complesso si prevede che a consuntivo 2020 (non ancora pronto) risulterà aver perso il 54.8% delle presenze rispetto al 2019. Mentre nell’ipotesi C2 la perdita sarà minore, a -45.3%, proprio per l’impatto positivo stimato delle strutture ricettive non ufficiali. Cioè a dire case e appartamenti privati.
In entrambi i casi a diminuire in modo drammatico sono le presenze dei turisti stranieri (-76.5% ufficiali, -55.6 tutte le strutture), che in una regione come la nostra hanno un impatto molto pesante. Di gran lunga meno drastica la diminuzione delle presenze dei turisti italiani: -32.3% nelle strutture ricettive ufficiali, -15% in quelle complessivamente considerate.
Traendo le conclusioni, la scorsa estate i turisti italiani hanno compensato il crollo brutale delle presenze straniere. Le località privilegiate per le vacanze sono state quelle balneari, la campagna e la montagna, dove venivano percepiti minori rischi di contrarre il virus. Le tipologie ricettive più richieste sono state case indipendenti, appartamenti e strutture ricettive all’aria aperta come campeggi, agriturismi e residence. Tutte caratteristiche premianti per una destinazione turistica come la provincia di Grosseto, dove fra l’altro gli stranieri pesano molto meno che nel resto della Toscana.
Infine, l’Istat utilizza i dati di Bankitalia per stimare la perdita economica complessiva, ipotizzando una riduzione del 20% della spesa media procapite, calcolata sui 114 euro procapite al giorno spesi nel 2019 da un turista straniero, e sugli 87 spesi giornalmente da uno italiano. Considerata la diminuzione media del 45.3% delle presenze turistiche totali nei primi nove mesi dello scorso anno, e la diversa composizione dei flussi turistici a svantaggio degli stranieri, la riduzione della spesa turistica nella nostra regione si attesta sui 5.8 miliardi di euro rispetto ai 10.2 miliardi sarebbero stati spesi in assenza di pandemia. Indubbiamente una botta terribile per l’economia della Toscana.
Anche in questo caso, per una volta, la provincia di Grosseto ha da lamentarsi molto meno delle altre zone della Toscana. Sempre grazie alle sue caratteristiche orografiche e alla sua particolare struttura dell’offerta ricettiva. D’altra parte che la scorsa estate le cose non siano andate poi così male, lo testimonia il fatto che è davvero esigua – per stessa ammissione dei ristoratori – la percentuale di attività che hanno chiesto di accedere ai ristori economici conseguenti alla perdita di fatturato.
Concludendo. Considerato che anche la prossima estate avremo probabilmente una situazione paragonabile a quella del 2020, con una sovrabbondanza di turisti italiani e un parziale recupero di presenze straniere, forse è bene porsi per tempo il problema storicamente sottovalutato del rapporto tra qualità e prezzo dei servizi offerti. A partire da quelli della ristorazione. Anche perché in moltissimi hanno notato l’ingiustificata lievitazione, per dirne una, del costo di un comune piatto di spaghetti alle vongole da 10-12 a 14-16 euro. In pizzerie e trattorie, non nei ristoranti gourmet.
La pandemia non durerà in eterno come alibi. E i turisti hanno la memoria lunga