GROSSETO – I continui attacchi alle greggi dimostrano che la questione predatori è tutt’altro che arginata e, come da sempre sostiene Cia Grosseto, che i cani da guardiania, pur essendo un importante ausilio, non sono un deterrente definitivo. E’ questo l’ultimo, in ordine di tempo, grido di rabbia lanciato dai dirigenti della Confederazione grossetana dopo l’ennesimo attacco ad un gregge.
“ Dobbiamo tornare a mettere sotto i riflettori un problema che in questo periodo di emergenza sanitaria sembra essere sfuggito alla politica – commenta Claudio Capecchi presidente di Cia Grosseto. Le predazioni non solo non stanno calando anzi, a causa della diminuzione del numero dei pastori, sempre più spesso colpiscono la stessa azienda e questo anche quando ci sono i cani da guardiania. E’ il caso di un nostro associato Massimiliano Ottaviani che pur avendo 13 cani, negli ultimi mesi ha subito 3 attacchi con la perdita di oltre 30 capi. La vicenda dimostra, come sempre abbiamo sostenuto, che non sempre la presenza di cani é sufficiente a mitigare il conflitto tra zootecnia e predatori. Questi ultimi – aggiunge – sono aumentati in modo considerevole e dimostrano che, nel tempo, hanno modificato le loro modalità di attacco aggirando l’ostacolo rappresentato dai cani, confermando che la presenza dei cani sono importanti ma non risolutivi contro gli attacchi”
“Essendo io un pastore mi occupo della questione “predatori” da circa 20 anni” spiega Massimiliano Ottaviani allevatore e rappresentante toscano del Gruppo d’interesse economico (Gie) settore ovini “Da tempo ho deciso di tutelarmi con dei cani da guardiania e per qualche anno ho arginato, ma mai risolto, il problema delle aggressioni tanto che, negli ultimi mesi, il mio gregge è stato più volte attaccato. Oggi si salvano solo le pecore che sono sempre rinchiuse perché malgrado i miei 13 cani, il numero dei predatori è fuori controllo e questi sono sempre più audaci e violenti. I cani da guardiana, che comunque richiedono grande impegno per essere governati, sono un ausilio ma non la risposta per la salvaguardia della pastorizia e per tutto quello che questa rappresenta: la tutela del territorio e delle aree marginali, la sicurezza alimentare e un importante indotto economico. Dobbiamo anche ricordare che i cani da guardiania hanno un costo elevato, vanno nutriti e tenuti in buona salute e ognuno di loro costa dai 700 ai 1200 euro di mantenimento. Costi che vanno a gravare sul misero budget delle aziende. Oggi stimiamo che allevare il gregge in “sicurezza” ha un costo maggiorato di 40-50euro a capo per ogni anno, cifra determinata dalle protezioni, i cani, il mancato reddito causato dal limitato pascolamento e per gli investimenti necessari per aumentare la superficie destinate al ricovero delle pecore. Siamo allo stremo, molte aziende chiudono e i pastori si arrendono – puntualizza Ottaviani – con un danno, è importante ricordarlo, che si ripercuoterà non solo sugli allevatori ma anche su tutto il territorio e sull’economia locale.”
“Come Cia abbiamo sempre sostenuto che la questione è molto complessa e delicata e che i cani non sono la risoluzione del problema predatori – interviene Enrico Rabazzi direttore provinciale della Confederazione– ci siamo seduti a numerosi tavoli di discussione e abbiamo anche cercato di migliorarci quando ci hanno accusati di essere degli allevatori incapaci. Abbiamo sempre cercato il confronto anche con chi ci ha sempre criticati. Oggi i continui attacchi dimostrano che avevamo ragione e ora siamo a un punto di non ritorno. Ora servono urgentemente fatti, le promesse e le tante parole spese non hanno portato a quella convivenza tanto auspicata”
“Le predazioni sono un’avversità – continua Claudio Capecchi – e per ora, ogni tentativo di trovare un equilibrio tra pecore e predatori, è risultato vano. In attesa che le Istituzioni preposte trovino una soluzione coerente al problema e nella speranza che la politica non volti le spalle a questo strategico settore economico, chiediamo che ai pastori vengano rimborsati i danni causati dagli attacchi. Inoltre, poiché i pastori sono già al limite delle loro possibilità, è impensabile che si facciano carico anche dei costi aggiuntivi necessari per poter far il loro lavoro garantendo la sicurezza al bestiame, non è nemmeno plausibile l’ipotesi di far pagare questi costi al mercato perché significherebbe mettere i prodotti della nostra pastorizia fuori da ogni logica competitiva. Per tutti questi motivi e in considerazione del fatto che gli strumenti di prevenzione, oggi adottati, non sono risolutivi a contrastare le ripetute aggressioni causate da un numero incontrollato di predatori – conclude- come Cia siamo a chiedere con forza che gli allevatori vengano aiutati a sostenere questi costi maggiorati”