GROSSETO – “Mantenere aperta l’attività venatoria anche nelle zone rosse per tutelare i territori interessati da una massiccia presenza di ungulati, prima che questa diventi del tutto incontrollata”. C’è anche la firma dell’onorevole della Lega Mario Lolini tra i firmatari dell’interrogazione presentata al ministro Teresa Bellanova insieme ai colleghi del Carroccio della Commissione Agricoltura della Camera in cui chiedono se non sia opportuno proseguire nell’attività venatoria anche nelle zone rosse.
“Già durante il lockdown della primavera scorsa – spiega Lolini – gli avvistamenti degli ungulati si sono moltiplicati portando ad oltre due milioni il numero dei cinghiali che hanno potuto circolare senza freni per campagne e città, causando ingenti danni ai raccolti e mettendo a rischio la sicurezza delle famiglie anche nelle poche occasioni in cui era permesso uscire di casa.
L’esercizio della caccia è evidentemente una attività sportiva che si pratica all’aria aperta, in luoghi isolati, così come il mantenimento delle distanze di sicurezza fra gli stessi cacciatori è ugualmente requisito indispensabile per la pratica. Ogni cacciatore è tenuto ad uscire indossando tutti i dispositivi di protezione individuale utili a evitare il contagio da Covid19 rispettando tutte le misure di base per evitare il proliferare del contagio.
Ma c’è anche un’altra preoccupazione: il cinghiale è uno degli animali più prolifici, con un numero di cuccioli che va da un minimo di due ad un massimo di otto. Il suo periodo riproduttivo, a differenza delle altre specie, si distribuisce su vari mesi fino all’intero anno, con un picco delle nascite in primavera. Lo stop alla caccia di contenimento degli ungulati porterà ad un sicuro incremento straordinario della popolazione di cinghiali con conseguenti ingenti danni alle coltivazioni e alle persone: purtroppo i cinghiali si spingono ormai sempre di più a ridosso dei centri abitati, e sono uno dei fattori più pericolosi relativamente agli incidenti stradali.
E’ fondamentale – conclude – che le azioni di contenimento della fauna selvatica continuino, ma soprattutto devono essere maggiormente efficaci, visti i danni che questi animali provocano sia alla popolazione che all’agricoltura, ma anche del rischio che questi ultimi possano diffondere epizoozie, come la peste suina africana”.