GROSSETO – «Si fa presto a ordinare di abbattere tremila piccioni. Ma cosa si è fatto per prevenirne la proliferazione ed evitare carneficine che portano risultati solo temporanei?» Così Giacomo Bottinelli, referente Lavo per la provincia di Grosseto, che continua: «Da meno di un anno Comune e Provincia di Grosseto, insieme alla ASL 9, hanno firmato un protocollo di intesa che conteneva una serie di metodi efficaci e in grado a medio e lungo termine di limitare il numero di piccioni senza spargimenti di sangue. Si prevedevano torri colombaie per il controllo della fertilità, chiusura degli spazi idonei alla nidificazione, agevolazioni economiche per chi mette in atto misure per impedire la nidificazione in edifici privati, monitoraggio dei siti di alimentazione, dissuasori di vario tipo ed altro ancora.»
«Unico mezzo che è stato preso in considerazione – prosegue Bottinelli – sono invece gli abbattimenti, tampone tardivo che tra l’altro rischia di selezionare gli animali più capaci di adattarsi e creare un effetto rimbalzo sulla riproduttività. Come abbiamo visto per i cinghiali, la cui diffusione non si riesce ad arrestare nonostante la caccia spietata e le devastanti campagne di sterminio, si tratta di metodi violenti e privi di una reale efficacia. Anzi, le popolazioni aumentano. Incidere al contrario in modo non violento sulla popolazione fertile, che per i piccioni ammonta a circa il 15%, è una strategia che può portare frutti ben migliori. Il rischio di malattie è uno spauracchio che sempre si sbandiera in questi casi per guadagnarsi il favore popolare, ma il contagio è molto più potenziale che reale.»
«La ASL potrebbe dirci quanti casi di contagio accertato piccione-uomo si sono registrati a Grosseto negli ultimi dieci anni. Probabilmente nessuno – sottolinea Bottinelli -, dato che in tutta Italia ce ne sono stati appena 200 in settant’anni. La verità è che le istituzioni tentano di nascondere dietro queste eclatanti misure di abbattimento la propria inadempienza al protocollo di intesa firmato nel 2011 e la propria incapacità di gestire efficacemente le colonie tramite programmi non cruenti e preventivi. Il presidente Leonardo Marras, che non ha mai accettato un incontro con le associazioni animaliste, ha svolto finora un pessimo mandato, in piena consonanza con il bacino di voti dei cacciatori al quale è legato. Speriamo che un giorno gli agricoltori si rendano conto – conclude la Lav – che l’alleanza con il mondo venatorio porta più danni che vantaggi.»