GROSSETO – La Chiesa di Grosseto riparte dalla formazione.
Per tre giorni, dall’8 al 10 settembre, il vescovo Rodolfo riunirà clero e laici impegnati ne diversi ambiti della vita ecclesiale (la carità, la pastorale, la famiglia, i giovani, le vocazioni, la catechesi, l’educazione) per fermarsi insieme, ricevere un’iniezione di forza per la ripartenza delle attività.
“La pandemia, il lockdown e la successiva, lenta ripartenza ci hanno messo davanti all’inedito dell’esistenza – osserva il vescovo Rodolfo – Ci hanno ricordato che nulla dipende da noi, se non la nostra buona volontà e l’impegno a costruire. E adesso? Non si rimettono indietro le lancette dell’orologio come se nulla fosse accaduto. E’ avvenuto un cambiamento, anche nella Chiesa, e abbiamo il dovere di non voltarci dall’altra parte. Il Papa ci ricorda spesso, a questo proposito, che il compito dei cristiani non è quello di occupare spazi, ma di avviare processi”.
In questo percorso di riflessione, clero e laici saranno aiutati da tre ospiti: don Mario Castellano, nuovo responsabile dell’ufficio liturgico della Cei, che si soffermerà sul momento in cui la comunità cristiana si riunisce per celebrare e presenterà la nuova edizione del Messale.
L’altro interlocutore sarà don Marco Simeone, parroco di una comunità della Capitale, a Torre Angela, di 60mila abitanti. Sarà lui a condurre la Diocesi in una lettura biblico-spirituale sulla pandemia. Infine giovedì 10 settembre Adriano Fabris, ordinario di Filosofia morale all’Università di Pisa, che punterà lo sguardo sull’educazione dei nativi digitali.
“Concluderemo, poi – spiega il vescovo – la mattina dell’11 settembre con un incontro riservato al solo clero, per un confronto su alcuni temi rilevanti la vita della nostra Chiesa di Grosseto. Siamo, infatti, dentro un grande cambiamento che ci mette davanti anche alle complessità della vita odierna e anche alle fragilità della nostra Chiesa.
Facciamo i conti con l’invecchiamento dei nostri sacerdoti diocesani e con la difficoltà sempre più forte degli Ordini religiosi di garantire una presenza ed un servizio che molto hanno dato a questa Diocesi. In tal senso non è un segreto che anche i Padri Vincenziani, presenti tra noi dal lontano 1948, attraverso il loro superiore provinciale abbiano espresso l’esigenza di ritirarsi a motivo del calo di vocazioni.
Stiamo lavorando per far sì che se questo dovrà essere effettivamente l’esito, possiamo arrivarci senza eccessivi traumi. In tal senso ci stiamo muovendo per verificare la disponibilità di altre congregazioni e anche per valorizzare al meglio le capacità e le attitudini del nostro clero diocesano, anche attraverso alcuni avvicendamenti alla guida delle Parrocchie (cosa del tutto normale, che di per sé non fa e non deve far notizia), che da un lato restituiscano dinamismo e dall’altro rimotivino tutti ad un impegno rinnovato alla causa del Vangelo.
Quando dico tutti intendo la comunità ecclesiale nel suo complesso. I laici, che troppe volte anche noi preti non riusciamo a coinvolgere e valorizzare a dovere, hanno la responsabilità di prendere sempre più atto che un cambiamento è in corso anche per noi e questo chiede a chi vuol bene a Cristo e alla Chiesa di giocarsi la vita in prima persona. Anche nel servire la propria comunità.
L’auspicio – conclude il vescovo – è che anche queste tre giornate di formazione possano rafforzare il senso dell’appartenenza e la spinta a vivere la ripartenza con uno sguardo non di cupezza o di nostalgia, men che meno di rivendicazione, ma di apertura alle novità come una vera opportunità per avviare, come detto, processi nuovi”.