GROSSETO – «Si fa presto a dire “lavoro agile”, altrimenti conosciuto come smart working. Ciò che è stata una reazione obbligata alla pandemia – spiega Eleonora Bucci, responsabile di politiche di genere e mercato del lavoro nella segreteria provinciale della Cgil – non si è certo concretizzato in “lavoro agile”, ma in futuro potrebbe senz’altro diventare uno strumento di grande interesse. Se gestito democraticamente e senza penalizzare ancora una volta le donne».
«Donne sempre più a casa e sempre più schiacciate tra due fuochi: il lavoro agile, da una parte. Il lavoro domestico e di cura, dall’altra. È quello che abbiamo visto in occasione del periodo di quarantena, con il confinamento in casa – aggiunge la sindacalista – quando il boom del lavoro agile ha riguardato circa due milioni di persone, almeno stando al monitoraggio effettuato dal ministero del lavoro e del welfare. Con punte che hanno raggiunto il 74% dell’intera forza lavoro, come nel caso del personale delle Regioni. Lo smart working, infatti, è una modalità organizzativa di cui si parlava da tempo – introdotto con la legge 81 del 2017 – che fino ad ora era stata utilizzata in modo residuale, ma che d’ora in poi, a seguito del test di massa imposto dal Covid-19, secondo molti potrebbe riguardare in pianta stabile fino a un terzo dei lavoratori».
«Anche in provincia di Grosseto il lavoro agile ha trovato vasta applicazione negli enti pubblici e nelle aziende che non hanno interrotto i propri cicli produttivi. Per quanto non ci sia un monitoraggio dettagliato, se non per alcune realtà. Come ad esempio l’Acquedotto del Fiora, dove dei circa 400 dipendenti, 250 fra tecnici ed operatrici, sono stati messi in smart working durante il periodo di blocco completo. Di questi, 99 donne e 156 uomini. In tutto questo, rimane cruciale evitare che il probabile maggior ricorso al lavoro agile non comporti un aumento del carico complessivo sulle spalle del genere femminile. Com’è successo in questi ultimi tre mesi, nel corso dei quali le lavoratrici che hanno utilizzato il cosiddetto smart working, hanno dovuto sovrapporre ai tempi lavorativi i carichi familiari».
«Nel nostro Paese le donne che lavorano sono circa 9 milioni – circa 43mila in provincia di Grosseto – e quelle che hanno figli non sono poche: 3 milioni quelle con figli fino ai 14 anni, di cui un milione 300mila quelle con figli fino a 5 anni. Il problema – puntualizza Bucci – è che in base alla compartimentazione di genere prevalente in Italia per motivi culturali, derivanti da una strutturazione patriarcale delle responsabilità familiari, il grosso del lavoro di cura è a carico loro. Prima si sommava al lavoro extradomestico in parti della giornata generalmente non sovrapposte. Ora nel caso si ampliasse molto il lavoro agile, i tempi di lavoro e quelli di cura rischierebbero addirittura di sovrapporsi, peggiorando la situazione e facendo regredire molte delle conquiste fin qui ottenute. D’altra parte, già oggi, le donne che interrompono il lavoro dopo la nascita del figlio sono circa il 20 per cento».
«Per questo la Cgil batte da tempo sulle politiche di genere e sugli interventi per tenere distinti i tempi di vita dai tempi di lavoro. Consapevole che il sovraccarico di lavoro familiare è dovuto allo scarso investimento in infrastrutture sociali e in politiche di conciliazione, con la conseguenza che le donne sono loro malgrado diventate un pilastro fondamentale del nostro sistema di welfare».
«Fino ad oggi il ricorso al lavoro agile è stato regolato con accordi individuali, ma d’ora in avanti sarà necessario inserirlo nella contrattazione di secondo livello. Costruendoci intorno un corredo di diritti e tutele in un’ottica di genere. Perché può essere uno strumento efficace per rendere il lavoro davvero smart e consentire l’acquisizione di nuove competenze. Lavorando per deleghe e obiettivi in modo da avere una gestione personalizzata del lavoro (autogestione) che favorisca l’equilibrio nel rapporto tra vita e lavoro.
«Su questa linea la Cgil grossetana sarà impegnata nei prossimi mesi. Rinforzando in ogni ambito in cui il lavoro agile prenderà campo, i criteri della contrattazione. E fornendo così un pacchetto di tutele che garantiscano il rispetto dei confini lavorativi, la sicurezza della propria salute, e allo stesso tempo aumentino il livello di motivazione e produttività di tutte/i i soggetti coinvolti».
«Un percorso cruciale che dobbiamo alle donne – conclude la responsabile di politiche di genere e mercato del lavoro nella segreteria provinciale della Cgil – con l’obiettivo di migliorare una volta per tutte la loro qualità della vita».