Il Consorzio è una delle forme associative imprenditoriali tra le più longeve d’Italia, nel settore agrario i consorzi sono infatti presenti sin dalla metà del XIX secolo. Il loro obiettivo è quello di unire le forze di più imprenditori e delle rispettive imprese per meglio collocarsi sul mercato: oggi diremmo nazionale e internazionale. Ne sono un esempio, proprio nel settore agrario, i consorzi di tutela dei vini e dei prodotti agroalimentari della Maremma Toscana. Principalmente essi sono costituiti da imprese, ma non è raro che vi entrino a far parte enti pubblici o istituti di ricerca. Se da un lato il consorzio agevola l’approvvigionamento di beni e mezzi per le singole imprese, e dall’unione di esse nascono soggetti più forti per competere sui mercati di riferimento, è anche vero che il consorzio può avere come effetto collaterale la riduzione della concorrenza. Quest’ultimo non è l’unico limite, anche altri aspetti del consorzio possono essere considerati non favorevoli, ad esempio sotto l’aspetto della raccolta degli investimenti, dal momento che la partecipazione di singole persone non è ammessa. Per meglio comprendere i limiti presentiamo una comparazione tra consorzio e gruppo societario quotato in Borsa.
Consorzi e società quotate in Borsa a confronto
Le società quotate in Borsa in alcuni casi si costituiscono in gruppi (esempio: Enel Group), ma a differenza dei consorzi, i gruppi imprenditoriali quotati presso la Borsa di Milano possono essere partecipati anche da piccoli investitori attraverso l’acquisto di azioni, partecipando agli aumenti di capitale o più semplicemente operando come trader sui CFD. Di particolare interesse è quest’ultima modalità d’investimento, ovvero quella dei contratti per differenza. Per capire come funzionano i CFD, ipotizziamo che un individuo voglia investire sulla Piaggio & C. (PIA) ma che non voglia acquistare azioni di quest’ultima. Utilizzando lo strumento derivato dei CFD, l’investitore potrà fare leva solo sul valore delle azioni PIA, evitando di doverle acquistare effettivamente e consentendogli di operare su di esse a qualsiasi condizione di mercato: in fase di ribasso o in fase di rialzo. Anche attraverso quest’ultimo esempio la differenza tra un consorzio agrario e una società quotata in Borsa è evidente. Un consorzio può avvalersi solo dei contributi economici iniziali e dei contributi successivi aggiunti dalle imprese consorziate, mentre una società quotata alla Borsa Italiana può beneficiare degli investimenti di un’amplissima platea di persone, le quali a loro volta hanno molteplici strumenti finanziari a disposizione con cui investire. Al netto degli aspetti positivi delle società listate nelle borse internazionali vi è un “pedaggio” che queste ultime devono pagare, ed è la minor indipendenza dal momento che le decisioni sono condivise con gli azionisti, tuttavia anche un consorzio è soggetto a decisioni collegiali composta dall’assemblea e dall’organo direttivo.
Concludendo
Riassumendo possiamo dire che i consorzi ben si adattano ad amplificare la capacità imprenditoriale di piccole imprese a conduzione familiare o gestite da un solo imprenditore, il cui obiettivo è sfruttare la forza della cooperazione tra aziende per accrescere il fatturato. Una società quotata si prefigge invece obiettivi di maggiore espansione, quasi sempre internazionale, anzi, mondiale ed ha per questo bisogno di molti più investitori, singole persone comprese.