Un Primo maggio di tanti anni fa, quando cantare era proibito e non si poteva festeggiare. Un ricordo di 80 anni fa, che pure è ancora vivido nella mente di Nello Bracalari che lo ha raccontato sulle nostre pagine.
Buon 1° Maggio. Quando ho incominciato a sentire questo augurio ero ragazzo, negli anni ’30, e spesso veniva solo sussurrato. Spesso venivano a trovarci gli zii di Giuncarico (due sorelle di mio padre con i mariti) che non potendo festeggiare in modo palese in paese, venivano da noi che si abitava in campagna, loro portavano dei fiaschi di vino, mia mamma ammazzava il galletto e con maccheroni contorni e con qualche dolce veniva fuori un bel pranzetto e dopo pranzo veniva fuori anche qualche coretto di canzoni “proibite”.
Poiché mio fratello, otto anni più adulto di me, aveva accennato una volta al motivetto iniziale di una canzone proibita di cui non conosceva il seguito mi disse: il prossimo anno lo chiederemo allo zio Galletti lui la sa tutta.
Allo zio Galletti piaceva conversare con me perché a me, come a lui, piaceva la poesia ( ricordo ancora che mi aveva raccontato la leggenda di Elio e dei suoi quattro destrieri che trainano il sole ricordando il nome di tutti), quando gli chiesi di cantarmi la famosa canzone proibita, dietro promessa di non ripeterla in pubblico, intonò sottovoce, la famosa canzone di Pietro Gori “Vieni o maggio ti aspettan le genti, ti salutano i liberi cuori, dolce pasqua dei lavoratori, vieni e splendi alla gloria del sol… e quando arrivo alla strofa “innalziamo le mani incallite, noi siam un fascio forze fecondo, noi vogliamo redimere il mondo, dai tiranni dell’ozio e dell’or” mi fece alzare le mani, avevo 12 anni, e le mani, erano realmente incallite.
Sono stato stimolato a scrivere questo breve ricordo da una frase di Sandro Pertini, rimbalzata in questi giorni su fb che invitava i vecchi a ricordare, ed i giovani a scoprire quanto era accaduto.
Allora la festa del 1° Maggio era stata colpita dal fascismo e veniva festeggiata clandestinamente oggi è ferita dalla pandemia che ci impedisce di festeggiarla collegialmente lo faremo nei modi consentiti, l’importante è lanciare a tutti un incitamento di speranza e di azione per riportare il lavoro e la sua festa al centro dell’azione di tutta l’umanità