GROSSETO – Le abitudini alimentari dei maremmani, e più in generale degli italiani, stanno cambiando, e questo non ha a che fare solo con il tipo di cibo che portiamo sulle nostre tavole, ma anche con chi porta i pasti nelle nostre case.
Come scritto qualche giorno fa, a Grosseto la scorsa settimana è arrivato Alfonsino, un servizio di consegne di piatti a domicilio che nel capoluogo maremmano si aggiunge ai già affermati Just Eat e Glovo.
Ieri l’Istat ha aggiornato i dati relativi al paniere per l’inflazione 2020. A rappresentare le nuove abitudini di spesa delle famiglie, oltre alle auto elettriche ed ibride e i monopattini elettrici, troviamo il sushi take away e la consegna di pasti a domicilio, il cosiddetto food-delivery ad opera dei ciclo-fattorini. Il food-delivery è dunque entrato a far parte delle principali abitudini degli italiani.
Ritmi di vita sempre più frenetici, uniti alla comodità nell’ordinazione e all’economicità del cibo take away, hanno fatto dei pasti a domicilio un’opzione sempre più allettante, soprattutto per i giovani.
E se prima erano soprattutto le pizzerie a fare servizio a domicilio, oggi, grazie alla diffusione del food-delivery, sono anche i fast food e i ristoranti ad arrivare direttamente nelle case degli italiani. A Grosseto sono ormai una ventina i punti ristoro accreditati ai servizi di consegne di piatti a domicilio.
Per allargare il raggio della riflessione, i cambiamenti nelle abitudini alimentari degli italiani sono legati in un rapporto di causa e effetto con il tempo dedicato ai fornelli. In Italia, nel 2018, sono 37 minuti il tempo medio giornaliero speso per cucinare, 23 minuti in meno rispetto a 10 anni prima, per un calo di circa un’ora e mezzo rispetto al 1998. A dirlo una ricerca della Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi.
In generale, a pranzo si cucina sempre meno – solo un italiano su tre si dedica a questa attività tutti i giorni -, mentre per la cena la percentuale sale al 53%. A questo si aggiunga che a diminuire non è solo il tempo impiegato per cucinare, ma anche quello riservato al mangiare. Lo studio, infatti, sottolinea che gli italiani mangiano sempre più di fretta: in media, meno di mezz’ora al giorno viene dedicata al consumo dei pasti. Per questo motivo, rivela lo studio, i ristoranti hanno un ruolo fondamentale nella salvaguardia della cucina e della convivialità. Il ristorante viene vissuto principalmente come luogo dove rilassarsi (38,6%). Il 62,5% di chi pranza o cena fuori casa si gode il pasto più di quanto non riesca a farlo tra le mura domestiche.
I minuti sono contati anche per le provviste settimanali: il 48,6% di coloro che fanno la spesa dedica agli acquisti da una a due ore alla settimana. Tra questi, il 50,1% effettua spese di piccola entità, acquistando pochi prodotti alla volta, giorno per giorno.
Nonostante questi indubbi cambiamenti, in Italia – il che è ancora più vero in Maremma -, si mantengono in vita certe importanti abitudini: tendenzialmente continuiamo a metterci a tavola sempre negli stessi orari, e i pasti sono vissuti in prevalenza come momento di relax e di convivialità; il legame con le tradizioni culinarie rimane molto forte. Il 75% degli intervistati, mostra la ricerca di Fipe, tramanda di generazione in generazione i piatti tipici di famiglia, e per il 98% si tratta di ricette che “scaldano il cuore”, ovvero che evocano ricordi ed emozioni.
Tra le altre abitudini “sane” che sopravvivono c’è la ricerca di alimenti salutari. Lo studio mostra che la quasi totalità degli intervistati è d’accordo con l’idea che la salute e il benessere dipendano soprattutto dall’alimentazione, il che trova conferma in un altro dato: tra coloro che vanno a fare la spesa, il 46,1% si dice disposto a pagare un prezzo del dieci per cento superiore alla media per acquistare un prodotto sicuro e di buona qualità.
Questo comportamento “salutare” è tenuto anche al ristorante: il 71,8% degli italiani, durante la scelta del piatto da consumare, si informa sulla qualità e la provenienza dei prodotti utilizzati.