GROSSETO – Un 2019 con troppi segni negativi quello che l’agricoltura di Grosseto si lascia alle spalle e, a meno che non arrivino urgentemente alcuni correttivi, anche il 2020 sembra prospettarsi con ombre scure all’orizzonte. A voler fare una breve sintesi si evidenziano produzioni ridotte, prezzi non remunerativi, mercati sempre più difficili, un numero crescente di aziende in sofferenza che non riescono a capitalizzare per essere al passo con le nuove tecnologie, l’aumento di terreni abbandonati e la lenta ma costante diminuzione di aziende attive.
Oggi l’agricoltura deve necessariamente confrontarsi e adeguarsi a un mercato in costante evoluzione dove alcune dinamiche, se non sono proprio superate, stanno comunque cambiando velocemente. Per essere competitivo è fuori discussione che l’agricoltore si deve affidare anche alle nuove tecnologie, alla ricerca, deve investire e scegliere percorsi sempre più sostenibili e questo in virtù del fatto che le regole “domanda-offerta” non valgono più in assoluto perché a fronte di produzioni scarse spesso non si registrano prezzi adeguati a recuperare i costi. Gli imprenditori agricoli devono poi fare uno sforzo e fare squadra per avere la forza di contrastare lo strapotere della GdO; i non sempre efficienti controlli sulla merce che sbarca in Italia e la triangolazione dei prodotti e infine per arginare la concorrenza sleale. Fattori questi che a vario titolo mettono in crisi le produzioni locali e che devono essere affrontati in accordo con le Istituzioni e la politica
Non va poi sottovalutata, l’ondata animalista e ambientalista che sta giustamente attraversando il mondo e che però rischia di fare passare informazioni sbagliate e dannose, in particolare modo, sul settore dell’allevamento. A ciò vanno aggiunti i cambiamenti climatici e la marcata tendenza al surriscaldamento con sfasamenti stagionali e una maggiore frequenza di fenomeni estremi.
Il 2019 è stato giudicato il quarto più caldo per il nostro paese e l’eccezionalità degli eventi atmosferici sono ora una costante con danni alle produzioni agricole, le strutture, la sicurezza del territorio. Altro capitolo è quello della burocrazia, una tassa occulta, sempre meno amica del mondo agricolo causa, tra altre, della resa incondizionata di molti imprenditori. Controlli assillanti, adempimenti complicati, leggi farraginose spesso contradittorie, nuovi e vecchi vincoli e i non sempre facili rapporti con la pubblica Amministrazione, sottraggono tempo e impegno a chi lavora e si trasformano in costo ulteriore. Penalizzante, e la Maremma è un chiaro esempio, è la mancanza di infrastrutture adeguate a un mondo in continuo movimento come un sistema viario obsoleto e non in sicurezza, la mancanza di una capillare ed efficiente banda larga, la chiusura di servizi primari nelle aree rurali con il conseguente abbandono del territorio e il mancato cambio generazionale. Nel complesso per il 2019 si può parlare di una sostanziale stagnazione dell’agricola evidentemente anche influenzata dalle difficoltà dell’economia nazionale.
Ecco l’analisi comparto per comparto.
Settore olivicolo – La campagna olearia 2019 in provincia di Grosseto ha registrato un calo medio del 15 per cento rispetto al 2018 un dato inferiore alla media regionale che si attesta ad un -20% . Malgrado la Maremma abbia ottenuto numeri leggermente migliori rispetto alle zone interne della Toscana, i risultati dell’anno scorso sono lontani dall’essere considerati di “piena carica” come nel 2018. Le cattive condizioni climatiche che hanno accompagnato quasi tutte le fasi di sviluppo dell’olivo, il gran caldo scoppiato all’inizio dell’allegagione, una fioritura bella ma precoce e le pessime condizioni climatiche di novembre hanno causato perdite pesanti. Buona nel complesso la qualità anche se si è dovuto prestare molta attenzione agli attacchi della mosca con controlli capillari sui territori. Il settore come tanti altri soffre non solo a causa dei cambiamenti climatici ma anche per una forte concorrenza sleale. E’ necessario potenziare la comunicazione mirata e coerente con la le produzioni locali così come è giusto premiare le filiere agricole che si impegnano a garantire un olio di qualità, elementi che potrebbero portare ad avere prezzi più remunerativi.
Settore cerealicolo – Salvo una breve parentesi legata agli ultimi mesi del 2019, per il quarto anno consecutivo, la cerealicoltura ha registrato prezzi bassi e poiché le stime per la campagna di commercializzazione 2020 segna una buona offerta mondiale, non si stimano rialzi almeno fino ai prossimi raccolti. Con le quotazioni attuali, la redditività è dunque fortemente compromessa. A Grosseto la trebbiatura del grano duro si è attestato nella media dei dati provinciali con un prezzo di realizzo attorno ai 220 euro alla tonnellata. Un ritorno lontano dal poter essere accettabile per le aziende che, di media, per ogni ettaro devono investire circa 900 euro. Per salvare questo fondamentale settore oggi, più che mai, tutti gli attori coinvolti devono cooperare per dare un futuro e prospettive ai produttori e ai consumatori, ci si deve affidare anche alla ricerca, all’innovazione e trovare gli strumenti e le forme per chiudere la filiera, tracciata e organizzata, in loco.
Ortofrutta – Se questo settore ha fortemente sofferto a causa dei cambiamenti climatici con importanti danni alle colture, le difficoltà maggiori per gli imprenditori sono i bassi redditi a fronte di costi sempre più alti sia sotto il profilo occupazionale ma anche di produzione. Il gap tra i prezzi fatti pagare al consumatore e il guadagno per l’agricoltore sono decisamente sbilanciati a favore della Gdo dove il ricarico a volte si aggira sul 300% senza che alcun centesimo in più arrivi a chi ha lavorato il prodotto. Un’amara realtà che ha costretto molti ad arrendersi . I prezzi che vengono oggi imposti ai produttori non riescono a coprire nemmeno le spese, per questo è necessario produrre la qualità e rompendo la spirale innescata dalla volontà di avere rese sempre maggiori a discapito della tipicità e della genuinità. Da una parte la politica e le Associazioni tutte devono accordarsi e aprire una trattativa con i referenti della Gdo, imporre dei paletti, tutelare gli interessi dei produttori e, di conseguenza, anche dei lavoratori, dall’altra è importante puntare sulle strutture di trasformazioni un’attività produttiva di tipo verticale con evoluzione del prodotto agricolo ad agroalimentare in questo modo recuperando il valore dei prodotti non venduti. In altre parole un processo tecnologico ed economico che crea valore aggiunto ad un prodotto agricolo consentendone l’utilizzazione in forma e in condizioni differenti rispetto a quelle originarie del momento della raccolta
Settore vitivinicolo – Rispetto al 2018, che è stata un’annata di produzione straordinaria, il 2019 ha registrato un lievissimo calo della produzione, ma grazie a una primavera fredda e piovosa e a un inizio estate calda e secca la qualità dell’uva è stata esente da malattie rilevanti. Meno vino, insomma, ma di qualità molto elevata. Il fatto che a Grosseto si sia registrato un dato praticamente identico a quello del 2018 è la dimostrazione che quando un settore è strutturato e maturo, ha tutte le potenzialità per affrontare le sfide nazionali e quelle dei mercati più qualificati ed esigenti. Anni di impegno, innovazione, ricerca, investimenti e capacità manageriali hanno fatto del vino l’unica produzione che ha salutato il 2019 senza un segno meno.
Settore zootecnico – A determinare la crisi del comporto, la chiusura di aziende e una drastica diminuzione di capi allevati, anche in questo caso è la redditività fortemente negativa. A fronte di costi sempre più alti per garantire il benessere del bestiame, obblighi burocratici assillanti, la concorrenza di capi che arrivano da altri paesi con prezzi inferiori ma dalla dubbia salubrità, gli altissimi costi di smaltimento delle carcasse, il crollo del prezzo del latte, un movimento animalista contrario agli allevatori, il guadagno per gli allevatori è stato, negli ultimi, fortemente passivo. Non va poi dimenticata la questione predatori per il settore ovi – caprino, un problema dalla difficile soluzione per il quale la Confederazione molto ha fatto cercando di trovare soluzioni che evitassero il peggio. Purtroppo non sempre si è potuto ottenere le richieste fatte e ora si assiste alla lenta moria di questo mestiere con ripercussioni che ricadranno su tutto il territorio. A rischio infatti non vi è solo il futuro di una parte della nostra agricoltura e la salubrità di ciò che portiamo a tavola ma anche la tutela di aree marginali . Arrestare l’emorragia è possibile solo se si tralasciano i proclami demagogici e se si lavora tutti in accordo, ogni uno per la parte di sua competenza, facendo squadra. Non si può inoltre non investire nella ricerca, così come va sostenuto il processo verso la destagionalizzazione, è necessario rivedere il piano di gestione del lupo, rafforzare il premio accoppiato previsto dalla PAC e consolidare l’attività svolta dal PSR. Inoltre è importante rafforzare la filiera toscana e il ruolo dei consorzi di tutela.
Redditività e strategie – Analizzando il quadro agricolo economico della nostra provincia si nota che mentre diminuiscono le aziende attive sul territorio aumentano gli ettari di terreno abbandonati ed incolti . Un dato preoccupante perché quando chiude un’azienda difficilmente questa può essere nuovamente resa operativa è questo si traduce in una perdita per l’imprenditore e in un danno per tutta la comunità. La crisi che da anni vive il settore è dovuta a molteplici cause tutte però espressione di un unico denominatore: la mancanza di reddito per poter sopravvivere. E’ fuori discussione che l’agricoltore oggi deve seguire le nuovi modelli e le dinamiche imposte dai mercati e dai cambiamenti climatici, deve investire e modernizzare i mezzi e le strutture, ma senza un sostanziale ritorno economico questo è impossibile. Dobbiamo recuperare il valore che la terra rappresenta e formulare progetti coerenti e di coesione, ammodernare e rendere efficienti le infrastrutture e questo è un compito al quale la politica e le istituzioni non si possono più sottrarre se si vuol dare un futuro all’agricoltura.
Un capitolo a parte è quello dell’agriturismo. E’ dimostrato che aziende che hanno puntato sulla multifunzionalità sono riuscite a meglio reagire agli stimoli di mercato e ad assicurarsi un’aggiunta di reddito, grazie alla sua capacità di integrarsi con il territorio e alla crescente domanda di cibo di qualità, di ospitalità sostenibile di servizi alla persona e di esternalità positiva. Questa scelta imprenditoriale ha dimostrato di offrire nuove occasioni di diversificazione del reddito e di interlocuzione con il territorio e con i consumatori, imponendo anche nuove modalità organizzative, professionalità e competenze alle aziende agricole, che rappresentano la sfida per il futuro di questo settore. Purtroppo anche l’agriturismo sta soffrendo a causa della congiuntura negativa mondiale, la mancanza dunque di ospiti, la pesante burocrazia e gli obblighi normativi. Un insieme di fattori che stanno erodendo i margini di guadagno .
Infrastrutture – Non possiamo più rimandare l’individuazione di investimenti infrastrutturali e di sviluppo economico e sociale del territorio prioritari per il settore agricolo, percorsi obbligati per avere imprese più competitive e quindi un maggiore sviluppo dell’intero Paese. Se negli ultimi dieci anni gli investimenti infrastrutturali in Italia sono calati in maniera costante in Maremma si è ancora a chiedere quelli essenziali: una viabilità moderna che permetta collegamenti veloci e sicuri, è necessario tornare a fare manutenzione alle strade poderali, serve un trasporto su rotaie efficiente, va definita la questione dell’aeroporto civile e infine vanno messi in sicurezza tutti quei territori a rischio a causa delle bizzarrie climatiche. Non è poi più pensabile lavorare senza la banda larga diffusa e senza linee telefoniche come accade in alcuni paesi interni della provincia. Oggi si parla di innovazione, agricoltura di precisione, droni, sistemi informatici di supporto alle decisioni, strumenti che gli agricoltori hanno a disposizione per fare meglio il loro lavoro ma che, senza internet, rimangono una chimera. Grazie infatti al progresso tecnologico e digitale le aziende agricole potrebbero aumentare la propria produttività, incidendo in maniera positiva anche sulla sostenibilità delle produzioni. Se da una parte dunque va incentivata l’adozione di innovazioni digitali da parte degli agricoltori le istituzioni devono avviare un recupero della infrastrutture fisiche.
Burocrazia e tasse – La semplificazione burocratica è necessaria se vogliamo che l’agricoltura possa competere con il mondo che ci circonda. Questo “mostro” negli ultimi dieci anni ha divorato troppe imprese costrette a chiudere per il peso opprimente che rappresenta: perdita di ore di lavoro, alti costi, leggi a volte contradittorie e farraginose e i non sempre facili rapporti con la Pubblica amministrazione. Oltre al costo economico, l’aspetto che più penalizza è costituito dalle lungaggini e dai tempi richiesti per una semplice pratica di carattere amministrativo, per la quale sarebbero sufficienti solo poche ore, se non minuti. A pesare anche il fatto che in questi ultimi anni sono aumentate in maniera esponenziale le scadenze burocratiche e sono rimaste alquanto complesse le richieste da parte degli uffici pubblici. Con l’aggravante che molte di queste norme vengono interpretate ed applicate in maniera diversa da regione a regione, da provincia a provincia e, addirittura, da comune a comune. Urgente anche una più equa tassazione, spesso proprio chi vive in zone rurali è costretto a dover pagare tasse comunali più onerose rispetto a chi vive in città a fronte di servizi più scadenti. Ad aggravare il settore anche gli oneri previdenziali-contributivi che rappresentano un pesante freno allo sviluppo e alla competitività. Contestiamo inoltre che vengano applicate nuove tasse sotto forma di canone come la Cosap che reputiamo ingiusta e non accettabile.