ISOLA DEL GIGLIO – È stato dissequestrato questa mattina il frammento di scoglio de Le Scole che il 13 gennaio si conficcò nella ‘pancia’ della Costa Concordia e che per mesi è rimasto visibile attaccato allo scafo della nave naufragata all’Isola del Giglio. Il pezzo di roccia, già estratto dal Consorzio di imprese Titan Micoperi, è adesso a disposizione del Comune del Giglio che ne potrà disporre l’utilizzo. Il dissequestro è stato disposto proprio su istanza presentata dall’avvocato del Comune Alessandro Maria Lecci, accolta dalla procura di Grosseto. Lo scoglio, disincagliato dalla nave il 22 luglio, era stato sezionato in tre parti e depositato momentaneamente sul fondale sabbioso in prossimità del porto. Pesa complessivamente oltre 100 tonnellate. È uno dei simboli della tragedia e varie sono le proposte per un suo utilizzo. Tra queste, potrebbe adesso essere ricollocato dalla comunità del Giglio nel suo luogo originario, alla punta de Le Scole, e diventare un monumento in ricordo delle vittime del naufragio.
Intanto si è svolto oggi un sopralluogo subacqueo sulla nave Concordia, per verificare alcuni aspetti strutturali sommersi dello scafo e possibili conseguenze ambientali del disastro. Al sopralluogo a sostegno del collegio tecnico di difesa di alcuni naufraghi, ha partecipato anche Greenpeace. Nella fase di recupero della nave è necessaria maggior trasparenza, ricorda Greenpeace. «Il progetto presentato, infatti, non è privo di rischi ambientali che si giustificano solo con la prospettiva di scongiurare danni più gravi, dovuti alla lunga permanenza in mare della nave», rileva l’associazione ambientalista. Con il rapporto Toxic Costa, pubblicato a febbraio di quest’anno, Greenpeace ha reso note alcune valutazioni sulle sostanze pericolose presenti a bordo della nave, oltre al carburante fortunatamente in gran parte rimosso senza conseguenze ambientali. «Il 28 giugno scorso, Greenpeace e altre associazioni hanno chiesto all’Osservatorio di monitoraggio per il recupero della nave Concordia di poter essere ascoltati. E’ trascorso più di un mese e non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta» commenta Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace.
Il sopralluogo è stato regolarmente autorizzato dall’Autorità Marittima e dalla Procura della Repubblica di Grosseto.