«A volte il diavolo si nasconde nei dettagli, recita l’adagio popolare. Nel caso del turismo in provincia di Grosseto, il «dettaglio», che tale non è, consiste nel fatto che l’agognata, ed evocata, destagionalizzazione dei flussi turistici è in molti casi già un dato di fatto.
Nulla a che vedere col mantra farlocco dell’allungamento della stagione – che le stagioni non si allungano a piacimento – ma molto a che fare con le presenze registrate sul territorio nelle strutture ricettive ufficiali.
In questi giorni, infatti, cominciano a circolare i dati ufficiali della Regione Toscana relativi al 2018, suddivisi per “ambito turistico”. Con la legge quadro regionale di tre anni fa, la provincia di Grosseto è stata divisa in tre Ambiti: Maremma area nord, Maremma area Sud e Amiata (comprensivo dei due versanti grossetano e senese). Non rileva in questa sede il confronto tra arrivi e presenze del 2018 e quelli del 2017, perché il confronto anno su anno è poco significativo, mentre è molto più interessante quello di medio periodo. Anche se poco lusinghiero, perché in dieci anni la Maremma genericamente intesa ha registrato uno striminzito + 0,9% di arrivi (Irpet, ndr).
Quel che riserva qualche sorpresa, stavolta positiva, è la distribuzione di arrivi e presenze nell’arco dei dodici mesi dell’anno. Prendiamo ad esempio l’Ambito Maremma area sud, che comunque lo scorso anno ha messo a segno un + 3% di arrivi (751.412 persone) e un +4,5% di presenze (3.178.471) sul 2017.
Nei primi tre mesi dell’anno, da gennaio a marzo, gli arrivi regolarmente registrati sono il 6,4% del totale. Il trimestre successivo, aprile/giugno, gli arrivi sono il 33,2% del totale. La parte clou della stagione in termini turistici, luglio/settembre, totalizza invece il 51,24% dell’anno. Infine il trimestre ottobre/dicembre mette insieme il restante 9,01% degli arrivi totali del 2018.
Numeri ai quali bisogna provare a dare un’interpretazione. Intanto va considerato che la destagionalizzazione dei flussi turistici è molto più avanti di quanto non si ritenga comunemente, perché gli arrivi si distribuiscono su tutti i 12 mesi dell’anno, ovviamente con pesi diversi. L’alta stagione rimane saldamente quella più attrattiva, ma complessivamente l’84,35% degli arrivi si spalma su sei mesi dell’anno, da aprile a settembre. Anche il primo e l’ultimo semestre dell’anno – tenendo conto che la Maremma è prevalentemente una destinazione balneare e che l’organizzazione del lavoro delle persone impone dei vincoli molto rigidi – riescono comunque ad essere attrattivi, probabilmente in gran parte nei week end.
Tutto questo per dire che già oggi la situazione evidenzia una distribuzione meno concentrata di arrivi e presenze turistiche di come sia percepita dall’opinione pubblica, dalla politica e in buona parte dagli addetti ai lavori. Certo che ipotizzare una suddivisione più equilibrata come avviene nelle città d’arte, da Siena a Firenze, dove oramai la presenza di turisti è “invadente” tutto l’anno, sarebbe utopico. Ma è altrettanto evidente che ci sono le condizioni per incrementare in modo significativo gli arrivi anche nei mesi non di alta stagione.
Da questo punto di vista la provincia di Grosseto ha molti punti di forza ancora poco valorizzati: dalla più estesa rete regionale di ospitalità rurale, con circa 1.000 strutture agrituristiche e alberghi rurali. Fino al clima favorevole all’escursionismo, la presenza di molte aree protette e un’offerta diversificata che può calamitar presenze anche nei periodi autunnali e invernali: enogastronomia, termalismo, sport, aree archeologiche. Tutto sta ad organizzare l’offerta in una logica “industriale”, abbandonando quella della rendita.
La Regione Toscana, da questo punto di vista, sia con il proprio portale visittuscany.com (tra i più cliccati al mondo), che con i progetti “Costa Toscana” e “Toscana Slow”, oltre all’Agenzia Toscana Promozione, è un alleato potente per costruire una nuova strategia di penetrazione dei mercati turistici. Per proporre la Maremma non solo come destinazione balneare e ampliare la destagionalizzazione delle presenze.
Fino ad oggi, va detto, non è che dal tessuto imprenditoriale siano arrivate grandissime idee, con qualche illuminata eccezione. Tuttavia ci sono novità significative, a partire dal protagonismo crescente dei festival musicali che stanno dando un contributo importante a rivitalizzare turisticamente alcuni territori dell’interno.
Una realtà da tenere sott’occhio, perché promette bene e potrebbe rappresentare un modello, è quella di Saturnia. Dove grazie all’iniziativa del patron delle Terme di Saturnia, Massimo Caputi, i Comuni di Manciano, Capalbio, Pitigliano, Semproniano, Scansano e Magliano, hanno condiviso l’obiettivo di incrementare del 20% in tre anni le presenze turistiche, puntando su termalismo, enogastronomia e agriturismo. Se ci riuscissero, i sei comuni, che nel 2018 hanno sommato circa 500.000 presenze, potrebbero raggiungere quota 600.000 entro il 2021.
Il modello è quello della “Destination management organisation” (Dmo) già applicato da alcuni enti locali del bellunese. Modello declinato in salsa toscana grazie al «prodotto omogeneo di turismo» previsto dalla legge regionale del 2016 che ha istituito gli Ambiti turistici. L’articolo 15, infatti, consente ai comuni di «associarsi per tipologia di prodotto turistico omogeneo mediante la stipula di una convenzione, per la realizzazione di un’offerta turistica di qualità». Su progetti di questo tipo, peraltro, andrebbero concentrate in termini di marketing le risorse derivanti dalla tassa di soggiorno, invece di dilapidarle come spesso avviene in mille rivoli. Solo le Terme di Saturnia, ad esempio, versano annualmente al comune di Manciano circa 300.000 euro. Ma questo vale per ogni territorio della provincia.