A Grosseto tornano ad agitarsi i vecchi fantasmi dell’edilizia. Paradossalmente nel momento in cui ogni evidenza empirica congiura contro una nuova fase espansiva della città costruita.
Complice il prossimo esaurimento di alcune previsioni urbanistiche contenute nel vecchio Piano strutturale, l’imminenza della discussione sui contenuti del nuovo Piano attuativo (ex Regolamento urbanistico) ha fatto da detonatore ad alcune varianti urbanistiche. Senza addentrarsi in fastidiosi tecnicismi, detta in soldoni si tratta di svariate decina di migliaia di metri cubi di nuove edificazioni. Da via Alberto Sordi all’ex ippodromo del Casalone, fino a un’area lungo la Scansanese dove Conad sarebbe interessata a realizzare un novo supermercato. Interventi cui se ne aggiungono altri di diversa matrice urbanistica, come il grande quartiere residenziale che sarà realizzato lungo la Senese, tra l’ospedale della Misericordia e la caserma del Savoia Cavalleria, oppure l’ampliamento della lottizzazione Il Borgo.
Al di là dei singoli interventi, su ognuno dei quali andrebbe fatta un ragionamento ad hoc rispetto alle previsioni urbanistiche di dettaglio, quel che merita fare è una valutazione generale sul senso di marcia che la programmazione urbanistica dovrebbe avere nei prossimi anni. Perché in fin dei conti forma e contenuti della Grosseto del futuro si decideranno entro i prossimi mesi. E complice l’appropinquarsi delle elezioni amministrative, nella primavera del 2021, c’è da scommettere che sarà una corsa contro il tempo. Peraltro già iniziata con largo anticipo, vista la prescia di adottare le suddette varianti urbanistiche.
Molto interessante in questo senso la proposta di iniziare la discussione a partire dai «vuoti urbani» avanzata sul Tirreno dall’architetto Simone Rusci. Che con altri docenti dell’Università di Pisa ha censito le aree del capoluogo che avrebbero bisogno di un “rammendo” urbanistico, perché costituiscono dei “non luoghi” disseminati in città, privi di una coerenza edilizia e funzionale con il contesto urbanistico di riferimento. Solo considerando i vuoti “pubblici”, il capoluogo maremmano contiene in sé stesso una seconda città di 51 ettari, fra centro e periferia. Ne fanno parte lo scalo ferroviario (69.000 mq), l’area dell’ex ospedale Misericordia (52.000 mq), l’ex deposito artiglieria (14.0000 mq), il Foro boario (32.000 mq), il Peep di via dei Barberi (43.000 mq), il Diversivo (175.000 mq) per un totale di 511.000 mq (51,1 ettari). Quasi il 5% della città.
La giovanissima Greta Thunberg era a Roma pochissimi giorni fa, e con la semplicità e la visionarietà di una ragazzina della sua età ha ricordato a tutti noi che le generazioni passate si sono «vendute il futuro» di quelle che sono venute dopo, e di quelle che verranno. Al di là del sarcasmo idiota di sedicenti “testate giornalistiche” come Libero, quello che la minuta svedese dice, ha ad esempio molto a che vedere con ciò che si deciderà di fare negli anni a venire anche a Grosseto, piuttosto che a Follonica o Orbetello.
Con una popolazione in palese e preoccupante declino demografico, caratterizzata da una quota rapidamente crescente di ultra sessantacinquenni – 3600 gli ultranovantenni. Un’economia in evidente stato di anossia che ha spinto sulle barricate anche la Camera di commercio e il fenomeno della fuga dei giovani sempre più marcato, non sembra molto lungimirante né foriero di grandi risultati tirare fuori dal cilindro l’edilizia come ipotesi di riscatto economico. Proprio no.
Ad esempio, appena venerdì scorso, la stampa locale dava notizia che la banca delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle entrate ha registrato una perdita fino a 800 euro al metroquadro (2018/2017) dei prezzi di vendita a Castiglione della Pescaia. Fino a poco tempo fa ritenuta una cassaforte inespugnabile dei valori immobiliari. Oppure basta considerare le condizioni comatose in cui versa il commercio al dettaglio, in conseguenza del calo drastico dei consumi interni. In attesa della mannaia dell’aumento dell’Iva prossima ventura.
In definitiva, considerate anche le centinaia di appartamenti invenduti già esistenti e i prezzi da saldo cui vengono aggiudicati gl’immobili alle aste giudiziarie, forse per Grosseto è davvero il caso di concentrarsi sull’idea più appropriata di rigenerazione urbana. Invece che fantasticare di inesistenti benefici pubblici dal via libera a nuove e vecchie lottizzazioni. Un’idea così obsoleta di sviluppo alla quale i primi a non credere più sono la gran parte degli stessi protagonisti dell’edilizia.
L’architrave sul quale costruire una strategia di riscossa, pertanto, non può che essere il topos della «rigenerazione urbana» che – come ha dimostrato un recente workshop promosso alla Leopolda dal Comune di Follonica – è qualcosa di più complesso del semplice risanamento edilizio di zone degradate della città. Ed ha molto a che vedere con quale sia il “genius loci” di una città, le sue vocazioni culturali, produttive e relazionali. In base alle quali se ne programma lo sviluppo urbanistico e quindi edilizio.
Perché il problema vero è capire cosa nei prossimi anni potrà garantirci (o meno) come comunità una nuova fase di dinamismo sociale ed economico. Conclusa la fase espansiva del primo decennio degli anni 2000, infatti, Grosseto è in regressione costante e l’unico fenomeno significativo è stato quello della trasformazione brutale della distribuzione commerciale. Che però è solo un epifenomeno, accessorio rispetto a quello della repentina perdita di status socioeconomico. Non più polo di attrazione di nuova popolazione che alimentava il business dell’edilizia. Sempre meno sede di significative funzioni amministrative. Dimezzata nella sua rilevanza di presidio militare, perduta la funzione di sede di intermediazione delle produzioni agricole. Incapace di recitare il ruolo di polo turistico o culturale. frammentata e disomogenea nelle vocazioni produttive. Oggi Grosseto è semplicemente una città in mezzo al guado, senza un’identità.
La discussione pertanto è appena all’inizio, e sarebbe bene non farsi prendere dall’ansia da prestazione che è cattiva consigliera. Tanto più che non si tratta di prendere al volo nessun treno economico, dal momento che di treni simili a Grosseto non ne fermano più da lungo tempo.