GROSSETO – “La cerealicoltura maremmana rischia di essere un ricordo se non ci saranno interventi immediati. Il settore da troppo tempo è attanagliato da una crisi senza prospettive. La politica deve dare a questo comparto la stessa attenzione che sta garantendo ad altri settore produttivi” a sostenerlo è il presidente de i Granai di Toscana Graziano Chelli che auspica attenzione e dignità per i produttori di cereali.
“Sono circa 10 anni che il prezzo del grano è in caduta libera costringendo gli agricoltori a produrre in perdita. Nel 2011 il contadino guadagnava circa 30 euro da un quintale di grano oggi, a fronte di prezzi di produzione praticamente invariati se non addirittura in aumento ( circa 900euro per ettaro), la remunerazione è scesa a15-16 euro. Cifre che si commentano da sole. Se non ci sarà un’inversione di tendenza la scelta di lasciare le terre incolte sarà inevitabile e, poiché questo è uno dei settori cardini per la nostra dieta, le conseguenze si ripercuoteranno sui consumatori ma anche sul futuro del territorio.
“Per evitare la morte del settore, che significherebbe la morte di una parte dell’economia della Provincia- spiega Chelli- nel 2014 abbiamo dato vita all’Organizzazione di Produttori Granai di Toscana, una struttura composta da 6 cooperative grossetane e una di Pisa dedite alla cerealicoltura. Una sfida per cercare di salvare il nostro lavoro, garantire reddito alle aziende, per evitare il depauperamento del territorio e, non ultimo, per offrire un prodotto sano e genuino al consumatore. La scelta di costruire una filiera tutta toscana oggi garantisce una pasta con una materia prima priva di microtossine e di sostanze potenzialmente nocive per la salute, dai corretti indici proteici grazie al clima favorevole e alle particolari tecniche di produzione.
Il percorso tuttavia non è stato semplice perché abbiamo dovuto combattere con costi di produzione sempre più alti mentre il prezzo del grano è in costante discesa e, come se non bastasse, le bizzarrie climatiche hanno accentuato le perdite a causa di una minor resa dei terreni. Come Granai di Toscana l’impegno non è mai venuto meno tant’è che abbiamo avuto riconoscimenti da parte dei nostri clienti e da alcune note catene distributive, mentre con altre sono in corso trattative per accedere ai loro scaffali. Va ricordato, che per avere una pasta 100% toscana garantita e tracciata, è inevitabile spendere qualche centesimo in più – continua il presidente – ma il consumatore deve sapere che questo è dovuto agli elevati costi richiesti per garantire la sicurezza alimentare e il rispetto dell’ambiente.
Contrariamente a quanto emerso da alcuni recenti controlli effettuati su noti marchi, i nostri clienti non troveranno mai nella pasta Granai di Toscana tracce, se pur entro i limiti di legge, di sostanze nocive perché la nostra missione è quella della qualità lungo tutta la filiera. Residui di diserbanti potenzialmente pericolosi e vietati in Italia, fa pensare ad una miscela contenente grani esteri, meno costosi ma dalla dubbia salubrità; un mix che non garantisce la sicurezza alimentare ma che può essere messo sullo scaffale ad un costo inferiore. La concorrenza sleale delle importazioni, con l’arrivo di grano del quale non si conosce la provenienza e i metodi di produzione, che viaggia in condizioni tutt’altro che igieniche, è solo uno dei tanti problemi che richiedono soluzioni urgenti. Per tutelare il vero Made in Italy e made in Tuscany, – precisa Chelli-per consentire alle nostre aziende di sopravvivere, chiediamo controlli ancor prima che il grano sbarchi sul territorio nazionale e auspichiamo che venga implementato un sistema di controllo e di certificazione a garanzia della “lealtà” produttiva della merce importata.
Pretendiamo dignità e una maggiore equità remunerativa nella filiera: nel passaggio dal campo alla tavola i prezzi aumentano anche del 500% e non a favore degli agricoltori. Questo sta a significare che c’è qualcuno che perde mentre altri intascano lauti guadagni e, inutile ricordarlo, chi perde è chi lavora la terra. Alla politica chiediamo attenzione e ai consumatori solidarietà per la nostra scelta di produrre in modo etico e sostenibile. Come O.P. abbiamo voluto trasformare le nostre ultime risorse in una sfida per dare un futuro al nostro territorio, all’agricoltura, ai giovani e per garantire un prodotto genuino. Ora siamo a un punto di non ritorno. Se non ci sarà la dovuta attenzione –conclude Graziano Chelli – i nostri 1800 soci sono già pronti ad incrociare le braccia, ad abbandonare i campi e a dar vita a manifestazioni di piazza per esprimano il nostro sdegno.”