GAVORRANO – Sono passati 1068 giorni dal tragico incidente Erasmus in Spagna. Millesessantotto; i giorni senza Elena Maestrini e le altre dodici ragazze, vittime del tragico incidente di pullman, quasi tre anni e un dolore che invece non è spiegabile con un’equazione matematica; quella dei genitori.
Gabriele Maestrini, il padre di Elena, questa mattina è tornato all’ambasciata spagnola di Roma. Per la seconda volta, dopo un primo sit-in lo scorso marzo, ha protestato pacificamente per chiedere nuovamente giustizia, con un cartello in mano e la speranza di essere ricevuto dall’ambasciatore. Per la seconda volta è stato respinto.
«L’ambasciatore – racconta Gabriele – anche questa volta era in sede, ma mi è stato detto che era molto occupato e non avevo fissato un appuntamento. Sarebbero bastati cinque secondi, una stretta di mano, invece niente». Secondo il padre di Elena, l’ambasciatore, il rappresentante istituzionale spagnolo più alto in Italia, «ha peccato di leggerezza e superficialità».
“1068 giorni dall’incidente. Dove sta la verità? Vogliamo giustizia. Vergogna” è scritto in spagnolo sul cartello in lettere cubitali, sotto le foto delle 13 studentesse. Ma oltre al cartello Gabriele stamattina aveva con sé anche una busta; una lettera aperta indirizzata al re Filippo VI di Spagna e sua moglie Letizia Ortiz, dedicata, non solo alla massima istituzione della penisola iberica, ma rivolta soprattutto a dei genitori.
«Quello che vi chiedo è di aprire il vostro cuore e sciogliere le maglie della giustizia spagnola – scrive Maestrini nella lettera che ripercorre lo strazio dei genitori alla ricerca di una giustizia, ancora oggi, soltanto in fase preliminare -. Abbiamo bisogno che sia data nuovamente attenzione alla tragedia per richiedere con determinazione verità e giustizia su quanto accaduto. Sembra quasi che la magistratura spagnola o alcune correnti socio politiche vogliano far cadere questa tragedia nel dimenticatoio, forse per interessi assurdi, dando un’immagine di scarsa efficienza».
«La lettera – dice Gabriele Maestrini – l’ho lasciata al protocollo dell’ambasciata. Peccato, bastavano davvero solo cinque secondi di tempo dell’ambasciatore».