GROSSETO – «Ennesimo anno da dimenticare quello che si è appena concluso per il settore agricolo maremmano caratterizzato da pochi settori che registrano un lieve incremento (olio e vino), mentre gli altri risultano stazionari se non in grave perdita» questo il bilancio dell’annata agraria in Maremma nel 2018 secondo Cia e Anp di Grosseto. A farlo sapere sono stati Claudio Capecchi, Enrico Rabazzi, rispettivamente presidente e direttore della Cia di Grosseto, nella conferenza stampa congiunta con l’Anp, associazione dei pensionati Cia, per cui era presente Gianfranco Turbanti, .
«A fronte della continua perdita di redditività per gli agricoltori – spiegano gli esponenti della Cia maremmana – il 2018 registra non solo un aumento dei costi produttivi ma la necessità di dover affrontare a nuove sfide come quella dei cambiamenti climatici, un aumento della burocrazia che mal si concilia con la mancanza di infrastrutture adeguate, forti squilibri nelle filiere che vanno ad arricchire le catene di distribuzione a danno dei consumatori e degli agricoltori, un mercato estero sempre più agguerrito, la mancanza di reciprocità tra gli stati membri, la lentezza dei contributi e degli indennizzi dovuti. Nel dettaglio sono due i settori che registrano un andamento positivo quello del vino con un + 15% e quello olivicolo a marchio con un + 20%» .
«A trainare i due settori la consapevolezza del consumatore – proseguono – che ha recepito la differenza tra prodotti certificati e garantiti e quelli provenienti da altri territorio. A godere di questo soprattutto il vino che soffre meno di altri settore la concorrenza estera, ancora qualche difficoltà in questo senso per il settore olivicolo anche se stiamo investendo molto in comunicazione per valorizzare il prodotto a denominazione di origine. Per quanto riguarda l’allarme Xyella in Toscana, la situazione è sotto controllo e si tratta di una specie diversa da quella pugliese che comunque è già stata circoscritta in un’area ben definita. Ennesimo anno nero per la cerealicoltura la cui remunerazione per gli agricoltori è in caduta libera. I dati nazionali raccolti confermano un’ aumentata superficie seminata che però non si traduce in un aumento di produzione o di qualità. Segni negativi soprattutto per il grano, duro meno pesanti invece le perdite per il grano tenero e il mais. Bilancio negativo anche per la zootecnia che paga gli alti costi di produzione la concorrenza estera e un calo della domanda interna. Leggero segno’ positivo per quelle carni locali provenienti da produzioni biologiche e di altissima qualità».
«Capitolo a parte merita il settore ovi-caprino – sottotlineano – che soffre del problema predazione, disdette del ritiro del latte, calo della domanda interna di carne di agnello. Inoltre il ritardo dei rimborsi dei danni da predazione e gli alti costi per mantenere in sicurezza le greggi, aggravano un settore già fortemente in crisi».
«C’è attesa per la legge di bilancio ancora poco chiara e poco sensibile alle necessità del mondo agricolo – aggiunge il presidente Capecchi – gestione della fauna selvatica la cui presenza è totalmente fuori controllo In merito al PSR le aziende stanno facendo dei grossi investimenti anche se non si riesce a concretizzare tutto nel modo più ottimale. Buone le risposte relativamente ai bandi che coinvolgono tutti i settori coinvolti nella filiera. Ora serve uno sforzo anche da parte della aziende affinchè ci sia anche una crescita culturale soprattutto sotto il profilo dell’innovazione. Fondamentale rimane la questione delle infrastrutture che stanno penalizzando le nostre aziende e aumentando i costi di produzione. Da non dimenticare la richiesta dell’adeguamento delle pensioni minime, un rafforzamento del sistema socio sanitario e l’impegno a non trascurare ì servizi nelle aree marginali».
«Come Confederazione – conclude Capecchi – auspichiamo e ci stiamo attivando per una maggior cooperazione tra le associazione agricole. Invitiamo gli agricoltori ad associarsi e a fare squadra per poter far fronte ad un mondo sempre pi competitivo e per dare forza alle richieste da fare agli Enti locali e alla politic in generale. Chiediamo che il Distretto Rurale e il Polo Agroindustriale non rimangano scatole vuote, ma strumenti di crescita per il settore e per tutto il territorio. così non sarà l’agricoltore avrà sempre meno reddito e la scelta di chiudere chiudere l’azienda diventerà inevitabile. Va ricordato che la questione non riguarda solo chi lavora e vive agricoltura, riguarda una scelta di vita, riguarda la sicurezza alimentare ambientale dunque la nostra salute, riguarda il tipo di civiltà che vogliamo»