STICCIANO – I carabinieri forestali di Grosseto stanno indagando per riuscire a trovare il bracconiere che nei giorni scorsi ha piazzato, nella zona di Sticciano Scalo, nel Comune di Roccastrada, otto lacci di cattura. Le indagini sono partite ieri dopo che i militari avevano ritrovato, non lontano dalla Tenuta della Pescaia, un grosso cinghiale femmina, circa 70 chilogrammi, intrappolato in uno dei lacci.
All’arrivo dei carabinieri l’animale, in buone condizioni, si è subito molti spaventato e ha tentato di liberarsi dal cappio di acciaio. Per liberarlo è stato necessario l’intervento di Matteo Galdi, titolare dell’azienda che ha sede a Ribolla e che si occupa della cattura di animali selvatici. Grazie al suo intervento e alla sua esperienza è stato possibile liberare il cinghiale senza ferirlo.
Dopo aver liberato l’animale i carabinieri hanno ritrovato nella zona altri sette lacci da cattura, come detto otto in totale, e hanno sequestrato tutto il materiale per eventuali approfondimenti che portino rivelare presenza di Dna da utilizzare per individuare il profilo genetico del responsabile.
L’utilizzo del dna nelle indagini legate ai maltrattamenti sugli animali e sul bracconaggio era già stato sperimentato di recente a Grosseto nel caso del lupo, scuoiato e impiccato al cartello stradale nella zona di Monterotondo Marittimo. In quel caso proprio grazie al Dna era stato possibile risalire al presunto responsabile dell’uccisione dell’animale. Anche in questo caso, del cacciatore di frodo di cinghiali, l’individuazione del Dna potrebbe aiutare forze dell’ordine e magistratura a trovare il responsabile.