GROSSETO – Dolcetti e caramelle, calze ripiene di ogni leccornia, ma anche giocattoli, sebbene il Natale sia da poco passato. La Befana, o Epifania, è una delle feste più amate dai più piccoli. La tradizione è antica: nel centro Italia ben precedente a Babbo Natale, tanto che sino a 60-70 anni fa era proprio lei a portare i doni ai bambini.
La tradizione è veramente molto antica, e mischia, come spesso accade da noi, sacro e profano, tradizioni precristiane e leggenda, con una sovrapposizione tra cristianesimo e tradizioni pagane. Si parte dalla dea Strenia, addirittura di origine Sabina, da cui deriva la parola strenna, dono. Secondo quanto riporta l’enciclopedia Treccani, in questi giorni di festa i Romani si scambiavano, come augurio per il nuovo anno, doni di carattere simbolico e di significato religioso, che inseguito furono tramutati in doni in denaro anche per l’imperatore.
È possibile che su questa tradizione si sia “adagiata” quella della Befana, o Epifania, visto che il periodo dell’anno coincide. E passiamo al termine Epifania (dal greco ἐπιϕάνεια, la divinità che si palesa, si mostra attraverso un segno), che significa “apparizione” o “manifestazione”. Per il mondo cristiano la festa ricorda la venuta e l’adorazione dei Magi, celebrando la rivelazione di Gesù al mondo pagano. Una festa dunque di origine orientale.
La tradizione popolare ha poi voluto aggiungere una leggenda: i Re Magi, diretti verso Betlemme, si fermarono a casa di una vecchina, forse per rifocillarsi, o per chiedere indicazioni. Proposero alla donna di unirsi a loro, lei però rifiuto (comprensibile, avrà avuto anche una certa età e una casa da badare) ma poi si pentì, e partì alla loro ricerca. Non trovandoli, e soprattutto non trovando il Bambino Gesù, decide di lasciare doni nelle case di tutti bambini che trovava sul proprio cammino. Pare che lo faccia ancora: ogni sera, nella notte tra il 5 e il 6, si mette alla ricerca di Gesù, e lascia doni a tutti i bimbi buoni, sperando che tra loro ci sia anche il figlio di Dio.