GROSSETO – «Di cosa ha bisogno il nostro centro storico? Come tutelarlo dall’abbandono e contrastare le attività illecite? Ed in che modo rivitalizzare le attività economiche esposte alla concorrenza sempre più pervasiva delle nuove forme di distribuzione e del commercio on-line? In questi anni si sono contrapposte due visioni» inizia così la nota congiunta dei gruppi consiliari Pd e Lista Mascagni che tornano a parlare del regolamento sul decoro per il centro storico, approvato ieri dalla maggioranza in consiglio comunale.
«La prima – dice ancora la nota – che potremmo definire di stampo sovranista-securitario, è quella fatta propria dall’attuale amministrazione comunale e può essere riassunta in tre azioni: togliere, vietare, tagliare. Essa risponde al comprensibile bisogno dei cittadini di protezione e sicurezza, ma di fatto lo tradisce perché finisce per far tabula rasa dell’esistente facendo così precipitare ancor di più la città nel degrado. E’ in questo schema che si può leggere quanto fatto nel centro storico dalla Giunta in questi anni. Da un lato ha tolto le panchine, ha tagliato “La città visibile”, ha “risolto” il caos gazebo impedendone di fatto la realizzazione. Dall’altro, però non è capace a tenere in vita l’Eden, continua a lasciare le Mura cittadine al buio (forse nel 2019 sarà la volta buona, finalmente), rimane al palo il progetto di ristrutturazione della Cavallerizza, il Cassero è vuoto»
«A tale visione – sottolineano i consiglieri Pd e Lista Mascagni – come forze di opposizione, ne abbiamo in questi anni contrapposta un’altra che fa perno sull’idea che il decoro della città e, segnatamente, del centro storico, si tutela soprattutto sostenendo le attività le attività ivi insediate, unico autentico contrasto naturale al degrado cittadino. E’ in questa contrapposizione che va letta la discussione di queste settimane sul regolamento per il decoro del centro storico, approvato dal consiglio comunale grazie alla stampella offerta da CasaPound.
Facendo una confusa opera di copia-incolla con i regolamenti approvati in altre città, il Comune ha voluto rendere la vita più complicata a chi vuole aprirvi un’attività. E dunque paninoteche e piadinerie non potranno aprire in un fondo inferiore a mq 70, a meno che non utilizzino in via esclusiva prodotti del territorio; così sarà più difficile aprire kebab (questo l’effetto voluto dal Comune), ma anche, questo il risultato finale, pizzerie al taglio italiane».
«I negozi di vicinato di generi alimentari dovranno vendere prevalentemente prodotti tipici – spiegano i consiglieri – e così non potranno aprire alimentari stranieri ma neppure quelli italiani che non possono avere la prevalenza di prodotti locali. Anche market e minimarket saranno banditi a meno che non vendano in prevalenza prodotti della tradizione italiana; e ad esser colpiti non saranno solo tutti gli imprenditori (italiani compresi), ma prima ancora i residenti del centro storico, che dovranno emigrare in periferia per poter fare una spesa ‘normale’. Per finire, il divieto di vendita di alcolici nel centro storico dopo le 21, che ha fatto molto discutere in questi ultimi giorni, e che va letto insieme con il divieto di consumo all’aperto, in tutto il territorio comunale h 24, che verrà introdotto dal prossimo regolamento di polizia urbana (art. 7, 2° co. lett. e).
E’ poi da rimarcare che in tali divieti incorreranno non solo le nuove attività, ma anche le nuove gestioni delle vecchie attività; così almeno sembra da intendere, leggendo il mal formulato comma 2 dell’art. 3 del regolamento, rispetto al quale rispetto al quale neppure l’assessore competente ha saputo fornire una nota chiarificatrice.
Si dirà che simili norme sono state approvate anche in altre città. Il che – in parte – è vero. Ma è altrettanto vero che il centro storico di Grosseto non è quello di Firenze o di Genova».
«Il punto è che il nostro centro non ha bisogno di ulteriori divieti, visti i molti fondi sfitti – conclude la nota di Pd e Lista Mascagni – al contrario c’è bisogno di facilitazioni, di sostegno e di maggior apertura. Ecco perché il regolamento sul decoro è ideologico: perché immagina di disciplinare una realtà che pullula di attività non gradite, quando invece si calerà su una realtà a rischio desertificazione. L’effetto potrebbe essere devastante. Non stupisce allora che, a testo appena approvato, è giunta una richiesta di modifica da parte di un’associazione di categoria, preoccupata per gli effetti negativi che potrebbero ricadere sulle attività economiche di propri associati. Sarebbe dunque cosa saggia se l’amministrazione comunale accettasse di ridiscutere e modificare il regolamento, prima che si abbatta una nuova scure sul già precario equilibrio del nostro salotto cittadino».