GROSSETO – “Da giorni tiene banco la polemica sulla questione dell’istruzione per i migranti, nata a seguito dell’intervento della Lega grossetana, cui è seguita la protesta degli insegnati dei CPIA che chiedono di svolgere il proprio lavoro in sicurezza oltre che in maniera legale. A fronte di questa richiesta, legittima, degli insegnanti – commenta Gino Tornusciolo consigliere comunale di CasaPound – riteniamo doveroso un approfondimento, perché se da un lato è giusto e corretto che gli insegnanti non si rechino nei centri di accoglienza per svolgere il proprio lavoro, allo stesso modo noi di CasaPound non riteniamo opportuno che vengano spesi soldi dello Stato per l’istruzione di persone che nel 90% dei casi non avranno diritto di restare sul nostro territorio nazionale perché di fatto non verrà loro riconosciuto lo status di rifugiato”.
“I percorsi formativi scolastici serali per studenti lavoratori – spiega Tornusciolo – nascono nel 1968, percorsi riservati a quelle fasce deboli di italiani che per una serie di motivi non avevano continuato gli studi, questo fino alla nascita dei CTP nel 1997, poi sostituiti dai CPIA, in seguito al nuovo scenario introdotto dalla legge Fornero nel 2014. Ad oggi un’immigrazione incontrollata non ha fatto altro che gonfiare di presunti clandestini il CPIA, continuando a tenere in piedi un servizio nato per gli italiani, ma che con la presenza sul territorio di centinaia di migliaia di richiedenti asilo è finito per diventare un servizio rivolto quasi esclusivamente agli immigrati.”
“Quello che non è accettabile è che il corpo docenti debba cercare la sede per fare istruzione, la categoria deve essere tutelata al fine di poter svolgere il proprio lavoro in sicurezza – continua CasaPound – di contro non capiamo come si possa continuare a dare attenzione alle esigenze dei migranti in questo momento storico della nostra Nazione, dove nelle scuole per i figli degli italiani continuano a mancare gli insegnanti, dove ad ogni inizio anno i dirigenti scolastici devono fare i conti con continui tagli all’istruzione e la carenza di personale docente, aggiungendo poi che una famiglia italiana media per mandare i figli a scuola deve compiere dei sacrifici, le strutture delle scuole italiane sono vecchie, fatiscenti, spesso non rispettano le norme di sicurezza per mancanza di investimenti nella manutenzione, sono sempre più frequenti casi di patologie e malattie pericolose, recentemente a Grosseto si è anche manifestato un caso di scabbia, all’Istituto Fossombroni; parte degli insegnanti di tutta Italia vagano da una scuola a un’altra come precari perché questo è il vero quadro in cui versa il sistema scolastico italiano.”
“E’ mai possibile – prosegue Tornusciolo – che a fronte di 5 milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà, lo Stato debba farsi anche il carico economico di sostenere le spese per l’istruzione di persone che dovranno andarsene dall’Italia, perché non verrà loro riconosciuto lo status di rifugiato? Infatti, come testimoniano le statistiche, solo un magro 10% dei richiedenti asilo risulta effettivamente averne diritto poiché realmente proveniente da una zona di guerra. Qualcuno dovrebbe spiegarci: chi pagherà tutto ciò? Il materiale scolastico, il servizio di trasporto, la quota di iscrizione annuale? Saranno ancora una volta gli italiani? La prima soluzione al problema sarebbe quella di introdurre una norma – conclude Tornusciolo – che ammetta la frequenza ai corsi dei CPIA alle sole persone a cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, e che i corsi vengano svolti esclusivamente presso strutture scolastiche presenti sul territorio nazionale”.