GROSSETO -Non c’è bisogno di atteggiarsi a Cassandra per capire come andrà a finire. Il rinvio sine die dei problemi porta con sé ovvie conseguenze.
Come l’Istat ha certificato nei giorni scorsi, l’Italia è sul piano inclinato. Inclinato parecchio. Nel terzo trimestre 2018, per la prima volta dal 2014, il Pil è calato dello 0,1%. Mentre la disoccupazione è tornata a salire con un peggioramento di tutti gl’indicatori, compresi i posti di lavoro a tempo determinato. Nel frattempo un’allarmata ricerca del Cer per conto di Confesercenti ha fotografato l’agonia del commercio che, dopo la ripresina nel 2016-2017, nei primi nove mesi di quest’anno perde il 2% secco, aprendo uno squarcio su una crisi dei consumi – contrazione del potere d’acquisto delle famiglie e crollo verticale della fiducia – che fa strage nel commercio al dettaglio. Ma che si riverbera pesantemente anche su commercio online e Gdo, con un trend di crescita in vistoso rallentamento.
Che dire? Sotto il profilo tecnico la recessione economica arriva dopo almeno due trimestri consecutivi in cui il Pil cala. Ma non c’è problema, siamo sulla buona strada. Lo dicono tutti, ma proprio tutti, tranne gli scienziati al governo: se va bene il 2018 si chiuderà con uno stitico +0,8-0,9%. Il che farà saltare tutti, ma proprio tutti, i già traballanti obiettivi della legge di Stabilità.
Ognuno può avere le proprie opinioni su “o gobierno do cambiamiento”. Hanno vinto le elezioni e quindi per ora ce li teniamo. I numeri però non mentono e pertanto conviene acconciarsi a una strategia della riduzione del danno, perché è chiaro che a Bruxelles hanno deciso di tirare dritto senza fornire pretesti ai populisti per recitare la parte delle povere vittime. Il che significa evitare lo scontro diretto, lasciando fare il lavoro sporco all’economia reale e ai mercati che soffocheranno l’Italia pian pianino. Con gl’Italiani che hanno già cominciato a mangiare la foglia, riducendo copiosamente la domanda interna e dirottando i propri investimenti lontano dai lidi patri.
Che impatto avrà tutto ciò sulla Maremma e sull’Amiata non è difficile capirlo. Anche perché questo territorio è già in notevolissime ambasce per conto proprio, a seguito di scelte strategiche pervicacemente rinviate nell’inconcludente illusione che i problemi si volatilizzassero da soli. Insomma: la recessione è in arrivo, e Maremma e Amiata si faranno trovare in mutande. Impreparate e tremebonde.
I suddetti problemi, peraltro, oggi sono in fase di ulteriore complicazione. Come nel caso dell’adeguamento dell’Aurelia, metafora d’inossidabile immobilismo. Complice l’eccentrico e surreale ministro Toninelli, infatti, sulla falsariga del caos relativo alla ricostruzione del ponte Morandi a Genova, già si profila un bel conflitto legale tra Sat e Anas sul completamento del corridoio tirrenico; a corollario della diversità di vedute tra Lega e M5S. Solo venerdì scorso, infatti, mentre il consigliere regionale pentastellato Giacomo Giannarelli annunciava da Firenze urbi et orbi che Sat sarebbe stata estromessa dal dossier corridoio tirrenico a vantaggio di Anas, dal consiglio comunale di Grosseto il senatore leghista Mario Lolini ribatteva che a lui non risultava niente di tutto ciò, e che l’adeguamento a quattro corsie dell’Aurelia da parte di Anas era solamente una dichiarazione politica d’intenti. Insomma, dopo l’ultimo faticoso compromesso raggiunto con il governo Gentiloni – Sat realizza i 14 km di autostrada da Capalbio ad Ansedonia, e progetta l’adeguamento fino a Grosseto sud che poi sarebbe stato realizzato da Anas – oggi si ricomincia “da capo a dodici”, aggiungendo un episodio alla fiction del corridoio tirrenico. Che incidentalmente sarebbe anche un elemento di competitività per l’intera Maremma toscana.
Sull’Amiata le cose non vanno meglio. L’opposizione ideologica allo sfruttamento della fonte rinnovabile geotermica – che in Toscana è iniziato nel 1904 – ha finalmente trovato una sponda politica nel Movimento 5 Stelle, fautore di una revisione radicale del regime d’incentivo pubblico alla geotermia. Tra la zona di Larderello e quella dell’Amiata, considerati occupati diretti e dell’indotto, la geotermia dà da mangiare più o meno a 3.600 persone e produce il 30% del fabbisogno di energia elettrica dell’intera regione. Entrambe sono zone montane marginali, in via di spopolamento e con un’incidenza elevata di popolazione anziana. Sabato a Larderello c’erano diverse centinaia di persone a protestare, perché affossare la geotermia significa dare il colpo di grazia a quei territori. Al di là degli occupati diretti nelle centrali e nell’indotto della loro manutenzione, sull’Amiata senese, ad esempio, senza il teleriscaldamento garantito dalla geotermia chiuderebbe da un giorno all’alto un’azienda come Floramiata. Che occupa più di cento persone.
Nel frattempo, parafrasando, Eugene Ionesco (ripreso da Woody Allen) «Dio è morto, Marx pure, e anche l’edilizia a Grosseto non si sente molto bene». A certificare lo stordimento di uno dei comparti principe del manifatturiero in provincia di Grosseto è stato il centro studi della Camera di commercio della Maremma e del Tirreno, appena martedì scorso. Con una serie articolata di indicatori tutti convergenti in un’unica direzione: dal 2011 al 2017 in provincia di Grosseto è stata un’ecatombe, e alla ripresina del 2016 in termini di contrattazioni non è corrisposto un aumento dei prezzi. Il comparto edilizio, fra l’altro, da sempre si trascina dietro in positivo e in negativo quelli dell’impiantistica e dell’arredo, non ancora adeguatamente indagati quanto a impatto della crisi.
Se Sparta piange, come si dice, Atene non ride. Anche rispetto al turismo, altro storico comparto dei servizi che al Pil provinciale porta almeno il 12% del totale, non sono attese buone notizie. I primi segnali di scricchiolio sono stati avvertiti già la scorsa estate, quando a spanne è stato valutata una contrazione di arrivi e presenze turistiche. I consuntivi del 2018 arriveranno tra marzo e aprile del prossimo anno, ma è chiaro sin da ora che l’estate è andata male e che non sarà certo la fine dell’anno a raddrizzare un trend negativo.
L’unica nota positiva, a breve, potrebbe arrivare dal documento unitario delle categorie produttive rappresentate nella Camera di commercio. L’unico vero rischio è che venga fuori una documentessa “tutto-tutto, niente-niente” per non mettere in mora la politica, che sullo sviluppo economico ha colpe tripartisan. Fino ad oggi nel grossetano non ha fatto capolino nessun movimento spontaneo della spesso mitizzata “società civile” – come a Roma o a Torino – e nemmeno una jacquerie imprenditoriale come sta cominciando a diffondersi nel nord del Paese. L’indolenza che contraddistingue ilgenius loci maremmano e l’immobilismo dei detentori delle rendite di posizione potrebbero però avere le ore contate. Perché quello che si prepara non è uno scenario entusiasmante. E stavolta morti e feriti lasciati sul campo potrebbero essere in sovrannumero su quelli rimasti indenni.