GROSSETO – «Molto è stato detto nell’ultimo periodo a proposito di bonifica e di canale diversivo, di recuperi, di
progetti e riqualificazioni. Se n’è parlato sulla stampa, in televisione, sui social media, in seno alle associazioni del territorio. Ebbene, possiamo dire con soddisfazione di essere lieti che, in seguito alle ultime iniziative, tra le quali la nostra proposta, progetto presentato in occasione della conferenza del 12 ottobre scorso, si sia posta nuovamente l’attenzione su questo tema» a dirlo è il direttivo dell’associazione Maremma 1828, in occasione del 190esimo anniversario dell’opera di bonifica della piana.
«Dopotutto, domani non è neanche un giorno qualsiasi – chiarisce la nota – il 27 novembre 1828 è il giorno in cui il granduca Leopoldo II di Lorena predispose con motu proprio la bonifica per colmata della vasta palude dove un tempo sorgeva l’antico lago Prile. Oggi vogliamo quindi ricordare insieme a tutti i grossetani e a tutti i maremmani questa importante ricorrenza, significativa e decisiva per lo sviluppo economico e sociale della città di Grosseto e della piana, e con essa tutte quelle persone che hanno dato il loro contributo affinché un intero territorio uscisse da uno stato di minorità e cominciasse a camminare con le proprie gambe. È giusto ricordare i grandi nomi, scolpiti, ma mai abbastanza nitidamente, nella memoria collettiva della nostra terra: Fossombroni, Manetti, Grandoni, Baccarini; ma anche l’innumerevole schiera dei figuranti senza nome, quei badilanti che con fatica e dedizione hanno trasformato questa terra malarica mettendo a rischio la loro stessa incolumità».
«In questo centonovantesimo anniversario dell’avvio della grande bonifica – prosegue la nota -il simbolo di questa rinascita giace lì dove è sempre stato, innestato nella pianura grossetana tra il fatiscente edificio di presa di Ponte Tura e la riserva naturale Diaccia Botrona. L’ex canale diversivo, il nostro più importante monumento della bonifica e la più incredibile testimonianza di un’epoca, rimane incastonato nel territorio come una traccia indelebile, un graffio nel paesaggio rurale maremmano. Mantiene le sue forme originarie nei segmenti dove ancora sono visibili gli argini, diventa impronta percepibile nella parte urbana, dove la città non ha invaso il suo letto ormai interrato e da esso viene tagliata in due parti da est a ovest, per poi perdersi nella pianura verso la località Cernaia, attraversando campi coltivati e strade. In molti tratti rurali ha perso gli argini, demoliti dall’azione dell’uomo, ma in altrettanti è riuscito a mantenerli. I numerosi ponti rimasti sul tracciato sono anch’essi una fondamentale testimonianza della trasformazione subita dal territorio maremmano, partendo da Ponte Tura fino ad arrivare al ponte lungo la strada Chiocciolaia. Mantenere e riconvertire tutto questo oggi è di fondamentale importanza, ma come è possibile se ciò che manca è prima di tutto un’affezione identitaria riconosciuta e condivisa da parte dei grossetani stessi? Favorire un avvicinamento da parte della cittadinanza verso questa infrastruttura e il contesto ambientale in cui essa è situata non dovrebbe essere un compito solamente di associazioni di volontari oppure di divulgatori o degli organi d’informazione».
«Dovrebbe essere parte di una visione comune – sottolinea l’associazione – a partire dalle istituzioni, a partire dall’ente che ne è preposto alla conservazione. Gli sforzi del Consorzio 6 Toscana Sud sono oggi impegnati funzionalmente al mantenimento degli elementi attivi della bonifica, mentre manca un’opera di divulgazione, fruizione e conoscenza rivolta ai cittadini che invece sarebbe auspicabile per favorire una sinergia tra le parti. Abbiamo potuto constatare, con rammarico, che il consorzio non si attiva per agevolare gli studiosi che si avvicinano al tema della bonifica, impedendo il reperimento di informazioni e fonti documentarie, e di fatto, in questo modo, ostacolando la ricerca. Fino ad arrivare ad articoli di giornale a dir poco allarmanti in cui si capisce come l’ente intenda il diversivo e gli elementi della bonifica semplicemente e spaventosamente come dispendiosi intralci pericolanti, costosi da mantenere, di cui si rende auspicabile la demolizione».
«Una visione di questo – attacca l’associazione – tipo è a nostro avviso inconcepibile e soprattutto incompatibile con le finalità di tutela e memoria storica che ci si aspetterebbe essere condivise da tutti e soprattutto dalle istituzioni. Smettere di vedere questa imponente infrastruttura idraulica, memoria del cambiamento di un’intera città, come un ostacolo da rimuovere o come intralcio allo sviluppo, è il primo passo per convergere verso una finalità comune di riappropriazione culturale e rilancio del territorio. Lo sforzo deve focalizzarsi sul rendere noto questo inestimabile monumento, con tutti i suoi elementi architettonici».
«Si deve farlo conoscere a tutti i grossetani e maremmani – conclude il direttivo – i quali devono sapere quale sia stato il ruolo del diversivo nel passato e quale sia oggi. Si devono portare le persone a scoprire questo vecchio canale abbandonato e mostrare loro le bellezze che cela. La rovina è importante oggi come lo è stata nel passato, quando rovina non era. Per questo visitiamo i siti archeologici e i monumenti. Perché non fare lo stesso anche in questo caso?»