GROSSETO – «Il Tribunale di Grosseto, con la sentenza del 30 ottobre, ha ribadito il fondamentale principio per cui, in materia di contratto di somministrazione, grava sul fornitore l’onere della prova di avere effettivamente erogato il bene, oggetto del contratto, e di averlo fatto nella misura sottesa alla relativa fatturazione. In difetto di tale prova, la pretesa del fornitore/somministrante non potrà che essere disattesa» a farlo sapere la Confconsumatori in una nota.
«Nel caso di specie – prosegue la nota – gli eredi dell’utente di una fornitura di gas per immobile residenziale si erano visti recapitare, all’indomani della cessazione del rapporto contrattuale e della piombatura del contatore, una fattura “a conguaglio” di 13.445,00 euro, la cui contabilizzazione non appariva ragionevolmente spiegabile, in considerazione anche della circostanza per cui l’appartamento servito era stato disabitato per gli ultimi anni di vita dell’anziano proprietario, residente altrove».
«A fronte dell’intransigenza dell’azienda fornitrice, che non aveva inteso rendere i chiarimenti da loro richiesti per il tramite della sede provinciale di Confconsumatori – illustra Confconsumatori – gli eredi sono stati dunque costretti a promuovere nel marzo 2014, con l’assistenza degli avvocati Francesco Lepri e Francesca Del Pasqua, azione di accertamento negativo di fronte al Tribunale di Grosseto, con la quale chiedevano dichiararsi che nulla era da essi dovuto alla società somministrante ovvero, in subordine, che era da essi dovuta una somma di gran lunga inferiore a quella richiestagli».
«In corso di causa gli eredi dimostravano, tra l’altro – chiarisce ancora la nota – che il defunto proprietario non aveva occupato, per tutti gli ultimi anni di vita, l’appartamento destinatario della fornitura: tant’era vero che tutte le fatture emesse dal somministrante in tale periodo recavano esclusivamente costi fissi. Dal canto suo, la società somministrante non allegava prova alcuna circa avere effettivamente erogato il combustibile in una qualche misura oggettivamente apprezzabile e quantificabile».
«Del resto la Suprema Corte di Cassazione – conclude Confconsumatori – ha chiarito che le risultanze del contatore non sono “vangelo” e possono essere superate con ogni altra prova. Di qui, la sentenza che ha deciso il giudizio con l’applicazione del principio sopra rammentato e la condanna della società convenuta al pagamento delle spese del giudizio».