GROSSETO – “6 pecore morte, 8 agonizzanti e 10 disperse nella macchia. E’ questo il regalo dell’inezia della politica a Mirco Radiconi, giovane allevatore trentacinquenne di Sovana. Una doppia tragedia perché oltre al dolore per le pecore straziate e terrorizzate, ora dovrà fare i conti con i danni diretti e indiretti. Una vergogna che come rappresentanti di un’associazione agricola troviamo impossibile accettare” sono toni duri quelli del presidente di Cia Grosseto Claudio Capecchi e del direttore Enrico Rabazzi, toni che esprimono rabbia per i continui attacchi ad un settore tanto importante quando poco tutelato da chi dovrebbe farlo.
“Sono troppi anni che attorno alla pastorizia aleggiano promesse e proclami senza che il problema predatori venga risolto. Un dramma senza fine – precisano i rappresentanti della Confederazione – sicuramente anche per la difficoltà delle organizzazioni sindacali a fare squadra e a causa di chi si proclama esperto ma che in realtà ostacola un percorso risolutivo con la politica. Siamo perciò a chiedere nuovamente di procedere in modo unitario: la questione riguarda indistintamente tutte le aziende del settore e tutto il territorio grossetano ed è evidente che solo coesi possiamo trovare la forza per sfondare il muro dell’immobilismo. I pastori, è bene ricordarlo, sono un valore per tutti perché oltre a garantire prodotti di eccellenza certificati e garantiti, tutelano e preservano territori svantaggiati ed impervi”.
“Comprendiamo le difficoltà ma oggi è arrivato il momento di fare delle scelte – continuano il presidente e il direttore. Se questo settore non interessa ne prenderemo atto, ma lavorare così è un vero suicidio. Ribadiamo il nostro invito a dar vita ad un tavolo permanete di concertazione con Regione, Ministero, rappresentanti europei e organizzazioni agricole per un progetto responsabile e condiviso. Nel frattempo, anche se gli indennizzi non sono risolutivi e in attesa di una chiara azione politica, chiediamo con urgenza che vengano riconosciuti i danni diretti ma soprattutto quelli indiretti. Siamo a un punto di non ritorno – concludono Capecchi e Rabazzi – se crediamo nella pastorizia, e più in generale nel ruolo dell’agricoltura, ora è il momento di dimostrarlo”.
“Non ci sono parole per esprimere quello che provo – aggiunge Mirco Radiconi – in questo momento il dolore per le pecore agonizzanti e per quelle scappate dal recinto è troppo forte. Certo è che così non è possibile continuare; avevo scelto questo lavoro perché seguivo le orme di mio padre e perché credo nel valore dell’agricoltura, nella possibilità che proprio da questo settore possa nascere un futuro migliore. Oggi non so cosa pensare – conclude Mirco – oggi mi chiedo se il mio amore per la pastorizia possa farmi accettare il magro reddito, una burocrazia opprimente e il fatto che con il mio gregge devo anche sfamare e mantenere i predatori”.