Mettiamola così, senza ipocrisie: con quello che i maremmani si sono sputtanati nel gioco d’azzardo nei primi sei mesi del 2017, avrebbero potuto risolvere una quantità sconvolgente dei problemi che li affliggono. Tipo: realizzare l’intero adeguamento delle regionali del Cipressino (SR 64), Maremmana (SR 74) e Sarzanese-Valdera (SR 439). Ristrutturare tutti gli ospedali e realizzare tutte le case della salute. Mettere in sicurezza l’Ombrone e un sacco di torrenti. Realizzarsi un’Università coi fiocchi, con tanto di campus. Costruire impianti sportivi maravigliosi….e chi più ne ha, più ne metta.
Sono infatti 108,5 i milioni che nei primi 180 giorni dello scorso anno i grossetani si sono giocati nell’illusione del colpo grosso, quello che ti fa svoltare nella vita. Al Superenalotto o al Gratta e vinci, al videopoker o alle slot machines, al Totocalcio o al Lotto, oppure con le scommesse sportive classiche. A dircelo è l’indagine effettuata dalla società livornese Simurg Ricerche, che ha elaborato i dati forniti dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli relativi ai 28 comuni della provincia di Grosseto.
Prima dei numeri sul fiume di soldi che se ne vanno nel gioco d’azzardo, una premessa di metodo che aiuta a inquadrare il fenomeno. I 108,5 milioni del primo semestre 2017 sono la raccolta totale, ovverosia tutti gli euro che vengono puntati. Questa cifra è composta dalla spesa, cioè i soldi effettivamente sborsati per giocare, e dalle vincite ripuntate. Per chiarire: si acquista un “gratta & vinci” da 1 euro, si gratta e si vince 1 euro. Si decide quindi di reinvestirlo in un altro tagliando, che però questa volta non è vincente. In questo caso, i contatori dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli segneranno 2 euro come raccolta (il costo dei due biglietti), 1 euro come spesa (la somma effettivamente uscita dal portafogli del giocatore) e 1 euro di vincita (per quanto sia stata reinvestita). I soldi raccolti, a loro volta, si dividono tra vincite e perdite.
In provincia di Grosseto, quindi, i 108,5 milioni giocati nel primo semestre 2017 equivalevano a 488 euro pro capite spesi in media da ogni residente. Una media che come il celeberrimo “pollo di Trilussa” comprende dai neonati agli ultracentenari, e quindi non è rappresentativa della spesa effettiva che una singola persona può accollarsi: realisticamente infatti sono molti a giocarsi cifre che sono robusti multipli. Quello che fa impressione, però, è che quei 108,5 milioni rappresentano il 4% del reddito Irpef dichiarato dai grossetani nell’anno precedete (2,9 miliardi di euro). Tutto questo, è bene ribadirlo, in appena sei mesi e non nell’arco di un anno intero.
Entrando ancora meglio nel meccanismo del gioco d’azzardo, viene fuori che sui 108,5 milioni di euro giocati quelli vinti sono stati 82,96 milioni (372 €/pro capite), mentre la perdita secca è stata di 25,54 milioni di euro (116 €/pro capite). Ciò significa che in un’immaginaria piramide del gioco d’azzardo a vincere sempre è il banco, a vincere molto pochissimi, a vincere poco un certo numero di persone e a perderci la grande maggioranza….
Guardando a dove si scommette maggiormente nel grossetano, tenuto conto della media di 488 euro, si scopre che i più viziosi di tutti sono quelli di Scarlino – che sia l’inceneritore? – i quali mediamente nei primi sei mesi dello scorso anno si sono giocati 704 euro a persona; il 6% del reddito Irpef dichiarato. Complessivamente 2,7 milioni, con 2 milioni di vincite ((528 €/pro capite) e 7000.000 euro di perdite (176 €/pro capite). Subito dopo arrivano gli orbetellani con 649 €/pro capite per 9,6 milioni di spesa (il 5% dell’Irpef): 7,36 milioni di vincite (496 €/pc) e 2,24 milioni di perdite (153 €/pc). Seguiti a ruota dai residenti a Grosseto che in sei mesi hanno bruciato nel gioco 52 milioni di euro (4% dell’Irpef), vincendo complessivamente 42 milioni (500 €/pc) e perdendone 10 (122 €/pc). Infine, sopra i 600 euro, arriva Follonica – sempre colpa dell’inceneritore? – con i suoi 615 euro scommessi a testa, per 13,2 milioni complessivamente giocati (5% dell’Irpef): 10 milioni le vincite (470 €/pc) e 3,2 milioni le perdite (145 €/pc). A seguire nella fascia 400/599 euro pro capite troviamo Monte Argentario, Capalbio, Castiglione della Pescaia, Castel del Piano, Civitella Paganico, Sorano. Nella fascia da 399 a 100 quasi tutti gli altri Comuni. Con fanalini di coda nella classifica dei giocatori d’azzardo Campagnatico e Semproniano (102 €/pc), Monterotondo Marittimo ( 84 €/pc), Roccalbegna (30 €/pc) e Montieri (26 €/pc). Fra le righe, peraltro, si legge che più si spende più si vince – sempre in ottica pro capite – e si gioca dipiù dove c’è più ricchezza.
Guardando invece alle statistiche 2016 relative alla rete del gioco composta da esercizi con slot machines e videolottery, sui 5.200 esercizi della Toscana, in provincia di Grosseto ce ne sono ben 378, con una media di 17 ogni 10.000 abitanti, a fronte della media di 15 in Italia e 14 in Toscana.
Tutto ciò premesso, che conclusioni trarre da questa breve carrellata di numeri imbarazzanti? Lasciarsi andare a considerazione moralistiche potrebbe avere un senso, ma sostanzialmente lascerebbe il tempo che trova. Anche perché se “eroi” (?) del nostro tempo come Gigi Buffon, Francesco Totti e Claudio Amendola fanno da testimonial a società di scommesse diventando “esempio positivo” per milioni di persone, la battaglia rischia di essere contro i mulini a vento.
L’unica strada, forse, è allora quella della reprimenda di natura etica, che ha più a che vedere con i riflessi pubblici dei comportamenti individuali. Per cui ogni volta che saremo tentati di lamentarci con prevedibile patetico sdegno di quanto spendiamo per i servizi di igiene ambientale, per l’acqua o per le tariffe di depurazione, ma anche per la sanità, facciamoci prima tutti un bell’esame di coscienza. Che acqua corrente, fognature efficienti, strade pulite e servizi sanitari efficaci contraddistinguono i Paesi civili e avanzati. A giocarsi il futuro al lotto, invece, sono bravini anche dove la civiltà è ancora un obiettivo da raggiungere.
Il problema di fondo è quello del nostro rapporto con i soldi. O meglio del valore che attribuiamo a ciò per cui li usiamo. Provare ad avere culo nella vita è legittimo, bere e curarsi è necessario.