GROSSETO – Quell’asilo non era un lager, ma i maltrattamenti subiti dai bambini sono innegabili. Lo dice il giudice, Marco Mezzaluna, nelle motivazioni alla sentenza di condanna per le educatrici dell’asilo Albero Azzurro. Se il giudice ha assolto le imputate per il reato di abbandono di minore (i bambini non si sono mai trovati in una situazione di pericolo) le ha invece condannate, seppur con differenti pene, per quello di maltrattamenti.
Bambini tra 12 e 24 mesi messi in punizione, al buio, costretti a ingoiare il cibo con la forza, strattonati e insultati: quello che viene fuori è quello che la titolare definiva il “Metodo azzurriano”.
Sono state due ex dipendenti a denunciare un metodo di insegnamento non proprio ortodosso. Da qui sono partite le indagini che hanno portato a mettere telecamere dentro la struttura per controllare l’operato di Azzurra Marzocchi, Manuela Seggiani, Costanza Mori e Alessia Berti.
Se di fronte ai genitori l’attegiamento delle insegnanti era “dolce e servizievole”, scrive Mezzaluna, la situazione cambiava una volta sole con i bambini.
Oltre ad un comportamento rude, in alcuni casi c’erano anche prese in giro: una piccola era stata apostrofata come “brutta, grassa e cicciona” o in un altro caso il commento di fronte ad una bimba che piangeva e non voleva mangiare era stato “ora si strozza la scemetta”. Il pranzo era uno dei momenti che il giudice definisce “ad alta tensione” specie per quei bambini inappetenti, che venivano costretti tenendo loro la bocca aperta o che venivano rinchiusi al buio in un’altra stanza.
Dalle testimonianze delle ex insegnanti sono partite una serie di intercettazioni video, che sono andate avanti per circa due mesi, tra dicembre 2015 a gennaio 2016: le riprese hanno confermato quanto detto dalle testimoni.
Le immagini mostrano bambini lasciati alcuni minuti al buio, a piangere da soli. La punizione “dell’andare di là”, ossia nella stanza dormitorio, era paventata quando i bambini piangevano. Ad un bambino che non voleva mangiare, mentre una insegnante teneva indietro la fronte, la cuoca somministrava il cibo tappando poi la bocca con la mano perché non sputasse. Oltre ad un atteggiamento in generale “rude” specie quando i bambini si ribellano all’ordine, c’era l’uso di non consolare i bambini quando piangevano anzi di lasciarli appunto piangere “anche 17 minuti nel caso di una bambina su un passeggino, subito dopo il risveglio”.
Colpetti sulle guance, strattonamenti, grida, un metodo educativo autoritario e rude, messo in pratica dalle titolari e imitato dalle altre educatrici. C’erano anche momenti sereni. La situazione precipitava però nei momenti di stress, il pranzo, o se un bambino faceva le bizze. La titolare, scrive il giudice, si rivolge a “bambini in tenera età come stesse richiamando all’ordine un plotone di reclute con frasi minacciose e gesti rudi” poi l’educatrice si rivolge ai piccoli con la frase “è cattiva Azzurra? Sì molto. E ancora non è niente, siamo a gennaio, io sono stufa, stanca di voi. Vediamo chi parla e chi si muove”.
Le differenti responsabilità delle educatrici sono comunque state riconosciute dal giudice che ha comminato a Marzocchi e Seggiani due anni di reclusione, e a Mori e Berti un anno e sei mesi. Per tutte la sospensione della pena e la non menzione. Dovrà essere il giudice civile a quantificare il danno in favore delle parti civili, cioè i genitori dei bambini. Per ora le imputate sono state condannate al pagamento delle spese legali (circa 50 mila euro) delle parti civili.